Salta navigazione.
Home

Relazioni conclusive dei quattro gruppi sinodali

Sono stati quattro i piccoli gruppi sinodali che si sono ritrovati tra ottobre e dicembre per approfondire il tema assegnato dal sinodo e per fare proposte al Vescovo, la relazione di ogni gruppo è stata inoltrata alla commssione centrale del sinodo. Ci sembra cosa ottima che sia fatta conoscere a tutta la comunità, perciò molto presto saranno inserite in questa pagina del sito.

Ecco i temi di ogni gruppo:

- Primo gruppo: la fede dà al tempo pienezza, profondità e prospettiva

- Secondo e Terzo gruppo: il cristiano di fronte alla sfida della povertà e delle fragilità sociali

- Quarto gruppo: la fiducia costruisce la comunità e il mondo.

Buona lettura.

 

Argomento: il cristiano di fronte alla sfida della povertà

 Gruppo sinodale- tema n. 8: il cristiano di frontealla sfida della povertà e delle fragilità sociali


Caro Padre Roberto, alla luce del percorso di comunione che abbiamo svolto come piccolo gruppo sinodale sulla questione su cui ci ha interpellato, affidiamo  al Sinodo questo nostro consiglio:

 

Ciascun componente del gruppo ha espresso proposte che insieme rappresentano una piccola parte del problema grandissimo delle povertà. Tuttavia anche il piccolo contributo che possiamo proporre può essere utile a comporre una piccola tessera di questo grande puzzle.

Prima di tutto ci sembra importante essere comunità, capire, affrontare e condividere i problemi di tutti. Inoltre ci sembra indispensabile la responsabilità che ognuno di noi ha nell'ambito del lavoro e nella società civile: la correttezza civile e morale nelle proprie mansioni, ma anche il dovere di pagare le tasse e fare il possibile perché vengano pagate da tutti (vedi scontrini fiscali). Da ciò è parso necessario se non indispensabile fare formazione a partire dai bambini, ma contemporaneamente non trascurare di educare gli adulti all'umiltà, alla condivisione, all'ascolto ad uno stile di vita secondo coscienza.

Come comunità è importante far sentire una voce potente (quella della Chiesa) verso le istituzioni: omelie dirette, anche di denuncia, contatto con le istituzioni e gli enti locali al fine di stimolare lo stato a fornire opportunità di lavoro, anche occasionali, a progetto, a tempo determinato, tutto per ridare dignità alla persona.

Altra proposta individuata è quella di istituire “sportelli” di ascolto a livello parrocchiale per meglio capire le esigenze dei nostri giovani che sono spesso chiusi in se stessi o forse non sono da noi capiti e aiutati.

Ancora ci sembra possibile istituire corsi di formazione per adulti, al fine di formare sempre di più le nostre coscienze nei confronti di ogni altro.

 

Argomento: l'uso del tempo

Argomento: l'uso del tempo.

Prima riunione: condivisione dell'esperienza.

Al termine dell'incontro il nostro pgs ha condiviso queste esperienze:

E' stato importante per tutti trovare in passato persone che ci hanno dato fiducia, spronandoci a dare parte del nostro tempo agli altri. La sensazione è spesso che di tempo ce ne sia poco, ma con riflessioni più approfondite, abbiamo capito che siamo noi a non farne sempre l'uso migliore. Per chi tra noi è meno giovane, gioca molto anche il fattore " ho meno anni davanti a me": ma questo non impedisce, anzi incentiva il bisogno di donarlo agli altri. In conclusione dell'incontro abbiamo capito che ci siamo concentrati sul concetto di tempo "per fare" , ma dovremmo forse occuparci di più del tempo "per essere", sia per quanto ci riguarda personalmente, che per aiutare i nostri giovani a capire chi sono e come voglio diventare da grandi. E' fondamentale dedicare tempo agli altri, alla preghiera che ci aiuta a crescere nella fede, ma anche a noi stessi, senza sentirci in colpa.

Seconda riunione : confronto dell'esperienza con la parola.

Dopo esserci misurati con la Parola, il nostro pgs ha giudicato il frutto della prima riunione alla luce del Vangelo e sono scaturite queste indicazioni:

Come catechisti ci sentiamo rispondere spesso che i bambini non vengono o i genitori non possono partecipare perchè non hanno avuto tempo; noi stessi a volte lo viviamo come un limite, nella nostra quotidianità.
Sia i brani per la preghiera che per la meditazione personale, ci dicono che invece non è mai un problema di tempo, perchè il tempo appartiene a Dio e noi dobbiamo vivere pienamente l'oggi, non sapendo se ci sarà un domani; solo Dio conosce i ns giorni! Il Vangelo ( Matteo 6,24- 34) ci esorta a non preoccuparci di certe cose materiali, ma di occuparci di creare giustizia e realizzare il Regno di Dio. Siamo consapevoli che in un momento storico dove non c'è lavoro, non c'è cibo e molte famiglie non hanno l'essenziale, certe frasi possono sembrare anacronistiche e illusorie, ma il Vangelo ricorda che se tutti facessimo la nostra parte per il Bene e la Giustizia in questo mondo, ci sarebbe un'equa distribuzione dei beni e nessuno sarebbe nel bisogno.
Abbiamo riflettuto su come e con cosa riempiamo le ns vite: l’ansia e la “preoccupazione” di riempire di cose il nostro tempo nasconde l’angoscia per la limitatezza della nostra vita, anche questa richiamata dal brano del Vangelo: ingombrare di cose spesso inutili la vita può essere un tentativo di allontanare il pensiero della fine. L' ansia però non aiuta mai, anche se è normale farsi prendere dai tanti impegni, per sé e per gli altri: essa è un ostacolo. L’esortazione conclusiva del brano è allontanarsi dalla preoccupazione concentrandosi sulla ricerca, imparando ad accontentarci dell’oggi.
Sintesi finale:
Il desiderio è insopprimibile, ma va educato. Il Sinodo dovrebbe occuparsi anche dell’educazione del desiderio. Se al desiderio si accompagna l’ansia, è facile fallire. La gestione del tempo porta spesso alla preoccupazione del fare. La fede, che è fiducia, ci dona migliore capacità di gestione. L’educazione al desiderio ci dà discernimento e autocontrollo.

Terza riunione : il dono del consiglio.

Caro padre Roberto, alla luce del percorso di comunione che abbiamo svolto come piccolo gruppo sinodale sulla questione su cui ci ha interpellato, affidiamo al Sinodo questi nostri consigli:

1) Educare i giovani e gli adulti al desiderio, per dare un senso vero alle cose e quindi al tempo, affinchè venga impiegato bene e non si abbia la sensazione che sfugga.

2) Trasformare l'accompagnamento dei bambini verso i valori della fede in accompagnamento dei genitori.

e sottolineiamo queste attenzioni:

a) Avere coerenza, coraggio nell'esprimere la nostra fede, senza paura e senza doversi giustificare perchè si è credenti. Accogliere gli altri (chi non crede o esprime altri valori o segue un' altra religione) ma non svilire ciò in cui crediamo: non dobbiamo abdicare ai nostri valori in nome di un falso concetto di tolleranza.

b) maggiore attenzione della Chiesa alla scuola statale, sia verso gli insegnanti cristiani, e la loro formazione, che verso i ragazzi.

c) dare investimenti mirati all'educazione cristiana al di fuori della scuola e della famiglia, sia in termini di persone che di risorse economiche. Ritornare ad avere gli oratori aperti.

 

 

La Fiducia costruisce la comunità e il mondo

Prima riunione: condivisione dell'esperienza

Al termine dell'incontro il nostro piccolo gruppo sinodale ha condiviso queste esperienze:
Il nostro primo confronto è partito dalla considerazione che la fiducia è il primo atteggiamento che ogni uomo vive dal momento in cui nasce. Il neonato si abbandona con fiducia fra le braccia dei propri genitori, sicuro che da loro riceverà nutrimento, attenzione, cure e amore. Questo primissima esperienza di fiducia è la 'matrice' sulla quale si costruirà la capacità di vivere la fiducia nella vita.
Quando dall'infanzia si passa all'adolescenza, si verifica uno 'scambio' di ruoli: ora sono infatti i genitori che progressivamente danno fiducia ai figli. Questo atteggiamento permette ai ragazzi di percorrere nuove strade verso la conoscenza di se stessi e l'acquisizione dell'autonomia.
Nel corso della vita ciascuno sperimenta come la fiducia venga spesso messa alla prova da molteplici situazioni: incomprensioni in famiglia e sul lavoro, malattie, insuccessi...
Un altro aspetto interessante emerso a più voci è come la fiducia sia 'qualcosa' di diverso a seconda dell'ambiente ci troviamo a vivere. Ad esempio nell'ambiente di lavoro la fiducia assume una funzione più strumentale, di 'compromesso'. In questo ambiente assumere un atteggiamento fiducioso è spesso faticoso, e richiede molte energie; negli ambienti in cui si condividono idee, ideali e le relazioni sono più sincere, è più facile dare fiducia.
Ma quali sono gli atteggiamenti che possono aiutare a superare le incomprensioni, le tensioni, i disguidi che ci tolgono la fiducia negli altri?
La conoscenza reciproca, il dialogo, il superamento del pettegolezzo, uno sguardo più profondo rivolto a chi ci sta vicino, sono modalità di incontro che predispongono a creare relazioni meno superficiali.
Passare da una società individualista (che contraddistingue i nostri giorni) ad una comunitaria, è possibile se ognuno ha il coraggio di 'scoprirsi' da ciò che costruiamo (inquadramento dell'altro in categorie - geografiche, sociali, culturali, religiose, sanitarie, ...) per metterci al riparo dagli altri, per darci una giustificazione quando ignoriamo l'altro.
Durante l'incontro ci sono state testimonianze di 'vita vissuta' che hanno portato il discorso da un piano generale ad uno più personale.
Chi cerca di vivere il Vangelo spesso si scontra con incomprensioni, pettegolezzi, esclusioni che procurano sofferenze e talvolta paure. È a questo punto che entra in gioco il nostro rapporto di fiducia con Dio.
- dare fiducia è comunque bello
- Dio è "Qualcosa" in più che abbiamo: è una certezza
- ciò che mi può permettere di dare fiducia è avere fede in Dio. Affidandomi a Gesù posso affrontare la difficoltà che mi si presenta, lasciando che nella nostra vita subentri ed agisca la Provvidenza
- Gesù spesso ha dato fiducia a persone 'umanamente' considerate poco degne di fiducia; la fiducia è esperienza sorella della fede
- la preghiera è il sostegno, la forza per aspettare i tempi di Dio (i suoi tempi non coincidono con i nostri, attenderli con fiducia è possibile solo con la fede)
-quando do fiducia ad una persona devo aspettare, dare tempo
- la fiducia ha una dimensione orizzontale (necessaria per creare comunità) e una verticale, rivolta a Dio (che non tradisce).
Possiamo concludere dicendo che l'incontro si è svolto in un clima di serena e sincera partecipazione.
La fiducia è esperienziale e a doppio senso (dare / ricevere) in tre relazioni principali:
- fiducia <--> famiglia (esperienza "orizzontale" ↔)
- fiducia <--> fede (Dio) (esperienza "verticale" ↕)
- fiducia <--> prossimo (esperienza circolare e orizzontale ↔ )

Seconda e terza riunione: confronto dell'esperienza con la Parola

Dopo esserci misurati con la Parola, il nostro piccolo gruppo sinodale ha giudicato il frutto della prima riunione alla luce del Vangelo e sono scaturite queste indicazioni:

Dalla Scrittura
Il testo (brano tratto dal primo libro di Samuele) ha offerto la possibilità di fare diverse riflessioni che abbiamo cercato di focalizzare sui due quesiti proposti nella traccia:
- il brano della Scrittura cosa dice alla nostra esperienza comunitaria?
- cosa sottolinea, modifica o corregge?
Samuele agisce in un contesto comunitario; infatti il profeta viene inviato a Betlemme dove incontrerà diversi personaggi (anziani, padri, giovani ) allo scopo di cercare colui che dovrà condurre il popolo eletto. Tutta la comunità partecipa a questo momento di "chiamata" e anche coloro che non vengono "scelti" rimangono fino a quando si farà festa.
È stato osservato che nel testo ricorrono due parole: sacrificio e festa, che ci hanno portato a pensare al sacrificio pasquale di Gesù e alla festa a cui è invitata partecipare ogni domenica la comunità dei cristiani.
La fiducia è il "cuore", il "pilastro" di tutto l'episodio. Infatti:
- Dio ha fiducia di Samuele, nonostante egli in precedenza avesse "sbagliato" a scegliere;
- Samuele, nel suo ruolo, si fida di Dio nonostante la paura tormenti il suo cuore fino a temere per la propria vita;
- la comunità di Iesse ha fiducia in Samuele e si mette a sua disposizione;
- Samuele agli occhi della comunità assume un ruolo di autorevolezza, in quanto uomo di Dio, orante e umile.
"Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore". Questa la frase del brano che più ha catalizzato l'attenzione.
Mentre tutti gli uomini pensano che il futuro re debba essere forte, coraggioso, virile... Dio volge lo sguardo altrove. Il suo sguardo è rivolto ad un giovane ragazzino che in quel momento non si coinvolto nella comunità e mandato a pascolare un gregge, lavoro umile, e nessuno si era preoccupato di chiamarlo. Samuele, su indicazione di Dio, ordina che qualcuno lo vada a prendere. A quel punto Dio ordinerà a Samuele di ungerlo perché "È lui".
Anche nella nostra realtà, spesso siamo portati a dare molta importanza all'aspetto esteriore delle persone e trascuriamo di vederne il "cuore". Dio guarda con occhi attenti i "tesori" nascosti, mentre i nostri occhi si fermano alla superficie. Davide era stato scartato dagli uomini perché considerato degno di poca fiducia e di poca considerazione; Dio invece lo considera degno di fiducia e lo "riabilita".
Abbiamo considerato come i cristiani vivono i loro ruoli all'interno delle comunità di appartenenza. Partendo dal presupposto che i ruoli diversi sono necessari per il buon funzionamento della comunità stessa, dinnanzi a Dio ogni ruolo ha lo stesso valore. Ogni ruolo (soprattutto quando questo ha una certa "valenza" ) dovrebbe essere svolto in spirito di servizio alla comunità e per la comunità, senza obiettivi di privilegio né di potere. Quest'ultima riflessione ha portato ad auspicare a ripensare per il futuro ad alcuni aspetti strutturali della Chiesa.
Gli aspetti principali:
- la fiducia è verticale, orizzontale ma anche circolare, nel senso che la possiamo ricevere dagli altri e donarla agli altri; e ancora c'è una fiducia che va dalla persona alla comunità e viceversa.
- il dono della fede unitamente alla fiducia dovrebbe portare la comunità dei cristiani a nutrire in sé
atteggiamenti buoni, aperti nei confronti degli altri evitando posizioni di chiusura e di rigidità.
- il confronto con le Sacre Scritture ci porta a considerare quanto sia difficile vivere con coerenza.
Lo sguardo di Dio è sempre uno sguardo che supera nello spazio e nel tempo quello dell'uomo.

Attualizzazione in chiave antropologica
Vi è una circolarità di base che va riconosciuta e alimentata: la fiducia costruisce la comunità ed è costruita dalla comunità. C’è una responsabilità personale nel costruire la comunità e c’è una responsabilità in ciò che costruiamo affinché esso sia in grado di porre e garantire le condizioni perché la fiducia possa crescere.
Da questo discendono alcune considerazioni rispetto a quattro dimensioni comunitarie di base:

La dimensione personale

a) Come “diamo fiducia” (quanto verso di essa incidono le differenze):
a. tra le generazioni, per “differenza di età”;
b. tra le generazioni, per "differenza di arrivo" in comunità;
c. per differenza di ruolo;
d. per differenza di sesso;

b) La dinamica di ruolo (familiare, lavorativo, ecclesiale, etc.; cosa pensiamo/vogliamo essere, i compiti che da noi sono attesi, le aspettative esterne, etc.) è una componente anche psicologica in qualche modo condizionante le decisioni, l'assunzione delle responsabilità, lo sviluppo del proprio senso di partecipazione e di appartenenza, quindi anche l'attribuzione o la percezione della fiducia.
Assumere adeguatamente una prospettiva di ruolo implica una riflessione e un'adeguata capacità di relativizzazione del ruolo stesso, senza le quali non è realistica una condizione di “libertà” interiore, né alcun avvicendamento e quindi la creazione di spazio per gli altri.

La dimensione di gruppo
a) “Sottrarsi al sentito dire”: la cura dei luoghi e momenti dove confrontarsi nella ricerca della verità per scongiurare il rischio della non partecipazione (vera, effettiva, a tutta la dinamica comunitaria).
b) I gruppi cui apparteniamo nella comunità parrocchiale/diocesana di che tipo sono, quali finalità hanno?
Sono gruppi funzionali all’offerta di servizi, di confronto-scambio reciproco, di preghiera, di formazione formale, di sperimentazione di esperienze, ecc.? Sono un po’ tutte queste cose o qualcuna prevale? e prevale in/per alcuni periodi o in modo costante?
Come sono organizzati questi gruppi? hanno una leadership formale? riconosciuta? ci sono apporti reciproci, nel senso di una leadership che ruota a seconda delle situazioni e delle competenze personali? c’è dialettica tra leadership attribuite e “spontanee”? Come si attualizza qui il concetto di “carisma”?

La dimensione istituzionale
a) La guida della comunità, attribuita agli “anziani”. Questa antica tradizione ecclesiale coincide tout court con la divisione tra sacerdozio ministeriale e laicato? Quale l’articolazione dei “doni” vocazionali e ministeriali dei “discepoli” di Gesù?
b) E’ possibile oggi ripensare la gerarchia e la relazione di ruolo tra sacerdote e laici? Se il sacerdote si “dedica alla preghiera e al servizio della Parola” (At. 6,1-7), quali altri ruoli di gestione della comunità e altri
più operativi possono essere appannaggio dei cosiddetti “laici”? Il ruolo è servizio, come sta facendo percepire papa Francesco. Affidare e assumere responsabilità di servizio: gradualità, discernimento, valutazione, avvicendamento dei ruoli (non solo chi ha tempo).
c) Il Consiglio Pastorale (parrocchiale/diocesano): per la partecipazione al Consiglio, si può pensare con maggiore senso di prospettiva che non ci si appiattisca a una delega o a una nomina, quanto piuttosto si possa realizzare un movimento di effettiva rappresentanza (o anche, rappresentazione) dei gruppi, delle funzioni e delle esperienze della comunità tentando di esprimere e anche di sostenere il reale dinamismo e la vitalità del tessuto comunitario.
d) La catechesi: la catechesi, in particolare dei bambini e dei giovani, deve seguire senza sostanziali differenze le forme dell’anno scolastico? Deve durare tutto l’anno scolastico? Come incide questo sugli apprendimenti di fede dei ragazzi? Deve avere un fondamentale approccio cognitivo o esperienziale? E come si relazionano le due dimensioni? Per i catechisti: quale formazione? Quale disponibilità e investimento di tempo richiesto?

La dimensione comunitaria
a) La comunità è sufficientemente accogliente? Gli strumenti danno (fanno provare) fiducia? Le persone e le regole danno fiducia? Se ti avvicini alla comunità senti / fai esperienza di fiducia? Ci possono essere modalità migliori per sviluppare la fiducia nei bambini che partecipano al catechismo?
b) Meglio comunità non troppo estese territorialmente, che consentano di sentirsi parte della stessa (riferimento alle unità pastorali che sostituiscono le parrocchie, soprattutto a livello di provincia).
c) Gli obiettivi: come sono condivisi gli obiettivi comunitari? Si tratta a volte di obiettivi articolati e stratificati: come li si articola, come li si aggiorna ai vari livelli? Quali sono i modi e gli strumenti di questi aggiornamenti?
d) I tempi comunitari: quale relazione hanno con la temporalità dell’anno liturgico? Quali i loro modi per sottolineare la comune appartenenza? Quali intrecci e quali relazioni tra i tempi dei gruppi per “convenire” verso momenti di maggiore scambio e comunicazione reciproca?
e) Gli strumenti oggettivi di cui la fiducia ha bisogno: incontri, cammini pastorali concordati, prassi di coinvolgimento di comunicazione, attenzione e cura della delega.
f) I momenti informali e quelli formali. La vita della comunità non coincide di per sé con quella della Parrocchia/Diocesi intese come organismo istituzionale. Ha bisogno anche di suoi spazi. Quali possono essere? Va vista in interazione “dialogica” con le strutture istituzionali che la costituiscono, pena una condizione di vita dissociata tra la parte affettivo - emotiva e la parte organizzata. Rientra nella difficoltà della costruzione dell'assetto comunitario il tenere unite le due parti in un dialogo e in una dialettica evolutiva.
g) Il momento liturgico anche come luogo di espressione “eucaristica” (ringraziante) della vita affettiva della comunità.

Nelle comunità è necessario recuperare le parole "nostre" e "noi".
È importante l'attenzione agli ultimi, vivere il dolore della carne del fratello, di chi ha perso fiducia (chi ha perso il lavoro, una madre sola, chi vive una situazione familiare difficile, chi ha collezionato sbagli, chi sta ai margini della comunità, ...).
Perché la comunità è:
- Chiesa che cammina scalza (Papa Francesco);
- Chiesa che non ha paura, ad esempio di aprirsi, confrontarsi e rinnovarsi sotto il soffio dello Spirito Santo (Giovanni Paolo II);
- Chiesa umile, che serve, che sa che non è possibile fare nulla se non con l'aiuto del Signore, con la preghiera ( Benedetto XVI).
Allora comunità è:
- Luogo dove circola una fiducia gioiosa e contagiosa;
- Luogo dove ognuna trova un posto... il suo: la comunità combatte l'esclusione;
- Chiesa che si rinnova, che è creativa, sorridente, in cui ognuno ha un posto (anziani che pregano, ammalati, giovani, bambini, …).

Emerge quanto è importante mantenere le “comunità parrocchiali” a “misura d’uomo”. Ovvero fare in modo che ciascuna comunità non sia costituita da un numero eccessivo di persone e, se possibile, non riguardi un ambito territoriale troppo vasto. Questa dimensione permette alla comunità di strutturarsi più facilmente in modo da favorire una conoscenza profonda tra i propri componenti che imparano a riconoscersi come fratelli nella fede, chiamati a testimoniare con fiducia la bellezza dell’azione salvifica di Dio nel mondo.
Ciascun appartenente alla comunità impara dalla “vita comunitaria” lo stile per amare il prossimo e trova sostegno e sicurezza al suo interno per superare le prove e i momenti di debolezza e difficoltà; questo avviene però solo se l’individuo riconosce nella comunità un “luogo familiare” a cui sente di appartenere e per il quale decide di impiegare le sue migliori qualità per mantenerlo vivo generoso ed accogliente.

Le azioni che riteniamo opportuno suggerire per aumentare la fiducia nel popolo di Dio pensiamo vadano indirizzate su quattro orizzonti relativi ai presupposti e al metodo:
1) Su chi agire:
a) Uomo (creatura e persona): sul suo cuore e sulla sua cultura (mente);
b) Strutture della chiesa e persone che le incarnano (chiesa in uscita).
2) Sull'orizzonte temporale previsto per l'efficacia dell'azione:
a) Azioni per l'intervento immediato e di breve periodo
b) Azioni per l'intervento di medio / lungo periodo
3) Sui soggetti da mettere per primi al centro dell'azione:
a) Azioni rivolte ai deboli, gli emarginati, … ("… questi miei fratelli …")
b) Azioni rivolte alla famiglia (piccola chiesa domestica)
c) Azioni rivolte ai giovani (= il futuro)
4) Su come agire:
a) Mettere in gioco risorse sia umane che materiali

Quarta riunione: il dono del «consiglio»

Caro Padre Roberto, alla luce del percorso di comunione che abbiamo svolto come piccolo gruppo sinodale sulla questione su cui ci ha interpellato, affidiamo al Sinodo questo nostro consiglio:

Azioni sulle strutture di relazione della Chiesa (La Chiesa come Comunità)
- La cura della Comunità e delle relazioni comunitarie. La Comunità/le Comunità ecclesiali non vanno viste in primo luogo come “oggetto di pastorale”, ma come vero e proprio “soggetto di pastorale”, o meglio, come soggetti esperienziali dotati di propria vitalità spirituale, capaci di lettura di fede (sensus fidei) e di decisionalità esistenziale e operativa in termini di corresponsabilità con il proprio vescovo (Comunità adulte nella fede). In tale ottica, sono prioritarie la cura e la comprensione costante delle dinamiche di relazione e dei vissuti comunitari almeno rispetto alle quattro dimensioni comunitarie di base sopra indicate (cfr. terza riunione), cioè nelle specifiche dimensioni in cui si realizzano concretamente la presenza e la partecipazione dei credenti nella forma della comunità-chiesa, per il rinforzo e la condivisione della loro comune realtà di discepoli di Cristo. La dimensione individuale e comunitaria vanno a tal fine sostenute nella loro dialogicità costitutiva, in quanto, se si aderisce alla chiesa in termini non ideali e astratti, né la Comunità è senza le persone, né le persone possono pensarsi al di fuori dei vincoli comunitari che vanno ogni volta ridefiniti ed esplicitati (come le “strutture portanti”, le “ossature corporee” sia materiali, sia non materiali della comunità).
- Le strutture istituzionali della chiesa, inoltre, con la loro presenza sono finalizzate a rendere concreto l'amore di Dio Padre per l'uomo che deve sempre essere posto al centro, prima di ogni altra cosa [struttura come mezzo; ruolo come carisma di servizio].
- Investire sulle persone che operano nella strutture istituzionali: riconoscere i carismi di ciascuno per affidare i ruoli con profondo rispetto reciproco sulle deleghe attribuite, per superare in spirito fraterno di fiducia e collaborazione il potenziale dualismo tra sacerdoti e laici;
- Rivedere alla luce dell’esperienza le logiche di distribuzione di ruoli tra sacerdoti e laici, evitando stereotipi clericalistici e rigidità non giustificate, evitando modalità dettate da abitudine o consuetudine ma curando invece l’aspetto di una formazione adeguata e carismi potenziali o già espressi (solo un esempio: da "prete giovane per i giovani" a "prete formato al contatto con i giovani”; oppure: “laici formati al contatto con i giovani");
- In tale prospettiva, l’attribuzione di ruoli sarà dinamica, attenta a cogliere e sollecitare carismi e disponibilità emergenti, ma anche a fornire nuovi stimoli e nuove opportunità a chi già presta servizi, a coinvolgere quanto più possibile i giovani offrendo loro il gusto di responsabilizzarsi e identificarsi come portatori di nuovi e freschi carismi al servizio delle comunità.
Azioni di pastorale particolare (sulle persone e i gruppi)
All’interno della considerazione fondamentale sopra espressa per la complessità e la totalità della partecipazione comunitaria trovano collocazione alcune attenzioni di pastorale particolare come investimenti strategici di risorse umane e finanziarie (anche della Curia, come esempio virtuoso):
- Nell'accoglienza degli ultimi, come espressione di solidarietà per offrire loro i beni materiali essenziali ma anche occasioni per ritrovare fiducia (la comunità combatte l'esclusione). Sostenere attività, iniziative per aprire le strutture della chiesa e nelle quali la chiesa è aperta all'"uomo della strada" (non solo agli addetti ai lavori), per accoglienza, sostegno, confronto, solidarietà. La carità è delle Comunità, non di organismi loro “rappresentativi” o sovraordinati.
- Nella pastorale giovanile; ponendo l'accento sulla relazione, sull'incontro, sul dialogo e confronto tra le generazioni e soprattutto tra i giovani stessi che devono crescere nella relazione perché sono spesso soli: tramite gioco / musica / attività ludiche aggreganti / sostegno alla crescita psico-fisica (anche corporeità) / esperienze di convivenza tra gruppi giovanili in ambiti sicuri; riflessioni sul significato della libertà nella vita perché ne venga colto il senso profondo. Sviluppare con determinazione l'attività che crea amicizia, conoscenza e rete e coltiva la fiducia tra i giovani, ad esempio dal Grest estivo all'attività di Oratorio Cittadino durante il resto dell'anno (oltre che nell'oggi, è semina per il futuro).
- Nel favorire il percorso fiducioso dei fidanzati in prospettiva del sacramento del matrimonio e della famiglia. Le famiglie di sposi cristiani potrebbero dare un importante contributo in tal senso, nel condividere la gioia tutta particolare del matrimonio cristiano.
- Nel promuovere occasioni per le famiglie, perché facciano esperienza reciproca di conoscenza e condivisione, contrastando l'egocentrismo del nostro tempo e rinnovando la fiducia dei primi tempi del matrimonio.
- Nell’offrire momenti di confronto e di scambio con uomini di speranza, come “agorà" aperte dedicate a giovani e adulti per analizzare, approfondire, capire i fatti del nostro tempo, locali e globali, che coinvolgono e si ripercuotono sull'uomo e sulla nostra società, e rileggerli alla luce della Parola, dell'etica, della morale, della cultura, del bene comune.... per ridurre il disorientamento e far riemergere la fiducia nel futuro; creare occasioni per riaccendere il senso concreto della semplicità del cuore e della carità nelle azioni: siamo ancora capaci di vedere e sentire l'altro, prima di classificarlo in una categoria?
- Nell'organizzare incontri per coloro che hanno in gestione / disponibilità la ricchezza materiale privata e pubblica, per far riemergere il concetto di responsabilità sociale e apertura all'altro (persona) prima che del profitto, base per la fiducia nella società.

Sottolineiamo infine queste attenzioni:
a) Ripartire dagli ultimi, come prospettiva di lettura della Chiesa e della Storia;
b) Superare una “teologia del laicato” in favore della comune appartenenza dei discepoli alla Chiesa, nel rispetto di carismi, diversità, ruoli;
c) Promuovere il confronto aperto e sereno con le scienze e in particolare le scienze umane;
d) Accogliere il conflitto come strumento di crescita e luogo in cui si verifica e si costruisce la fiducia;
e) Accogliere i limiti dell’agire umano (quindi anche delle attività delle comunità cristiane) per concentrarsi sulla qualità di ciò che si fa più che sulla quantità o sul mantenimento dell’esistente;
f) Andare oltre il concetto delle opere-segno, che dimostrano una valenza soprattutto identitaria, per leggere e accogliere “i segni” molteplici e spesso nascosti dell’opera di Dio nella realtà e nel mondo.