Il mondo che vorrei
Esce in questi giorni il nuovissimo singolo di Vasco Rossi.
Il brano si intitola "Il mondo che vorrei": credo valga la pena di ascoltarlo perchè offre spunto di discussione. Soprattutto per i più giovani, ma non solo ...
Per comodità riporto anche il testo nel seguito.
Il mondo che vorrei (Vasco Rossi)
Ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei,
ed è sempre quello che non si farebbe che farei,
ed è come quello che non si direbbe che direi
quando dico che non è cosi
il mondo che vorrei
non si può sorvolare le montagne
non puoi andare dove vorresti andare
sai cosa c’è
ogni cosa resta qui
qui si può solo piangere
e alla fine non si piange neanche più ...
Ed è proprio quando arrivo lì
che già ritornerei
ed è sempre quando sono qui
che io ripartirei
ed è come quello che non c’è
che io rimpiangerei
quando penso che non è cosi il mondo che vorrei
Non si può fare quello che si vuole
non si può spingere solo l’acceleratore
guarda un pò ... ci si deve accontentare
qui si può solo perdere
e alla fine non si perde neanche più ...
(clicca due volte in sequenza per ascoltare la canzone - tratta da YouTube)
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No, no. Nessuna commiserazione
Ciao Tomi. Commiserare mai. Ho detto a te le cose che direi ai miei figli, che amo e rispetto. Quindi... Ciao, carissimo e scusami se il cuore non mi ha suggerito le parole giuste.
Non sono un patetico!
Forse ho un po' esagerato nei toni. Effettivamente devo dire che le cose che scrivo in continuazione hanno su di me un impatto emotivo piuttosto forte, tuttavia non era assolutamente mia intenzione produrre un effetto di commiserazione così accentuato. Voglio sottolineare che tutte le cose che scrivo riguardo la vita, o il mondo del lavoro, o simili partono sì dal mio vissuto, ma non le riferisco solo a me stesso, bensì a tutti in generale. Sono delle considerazioni che mi vengono spontanee, mi nascono da dentro, e sono una logica conseguenza del mio pensiero e delle mie convinzioni. Inoltre non voglio essere frainteso: il mio scopo è di comunicare al prossimo le mie visioni, anche attraverso questo sito, e di suscitare dei dibattiti costruttivi, in cui ognuno espone le proprie idee e le confronta, non di essere commiserato o consolato delle mie sventure. Ti ringrazio delle parole che mi hai rivolto, gis, ma se i miei interventi hanno prodotto degli effetti collaterali è bene che io stia attento ai toni che uso, perché non voglio creare equivoci. Per me il sito, lo ribadisco, non è un canale di sfogo, un mezzo da usare per tirare fuori la mia rabbia (e non nego che pensare a certe cose me ne fa venire molta), ma è uno strumento che mi permette di mettere in campo il mio modo di vedere la mia realtà, che io metto in evidenza senza tante mezze misure proprio perché convinto della giustezza dei miei pensieri. Se qualcuno non si trova d'accordo con me è invitato a scriverlo francamente, perché è proprio questo il senso e lo scopo di un dibattito. Non è che gli altri sono dei robot che ripetono a pappagallo le cose che scrivo io! Le tue parole hanno dimostrato molta sensibilità, ti ringrazio ancora di averle scritte, ma non voglio assolutamente essere commiserato. Quando leggete quello che scrivo, consideratelo rivolto a tutti in generale, piuttosto che al mio io, e confrontatelo con il vostro modo di vedere la realtà, dopo di che si può discutere insieme. I forum sono fatti apposta! Del resto, lo stesso termine forum suggerisce questa idea: esso in latino significa piazza, un luogo in cui ci si incontra e si scambiano le proprie idee. Insomma, leggetemi, se volete, criticatemi, ma non compatitemi. Mi scuso se ho usato toni sbagliati che hanno creato fraintendimenti.
Tomi il tuo tempo verrà, se lo vuoi
Spero che i giovani di Sant' Egidio e non solo, possano parlare a Tomi con le loro parole, il loro linguaggio, perché Tomi possa sentirsi meno solo in questa difficile salita verso la vetta dei suoi desideri. Purtroppo io, anziana, non riesco a toccare le sue corde. Ma quanto soffro a leggere che le difficoltà gli rendono "la vita molto penosa da vivere". E quella chiusa "come può allora non venire da piangere?". Aiuto! Tomi ma tu frequenti la comunità parrocchiale? Lì magari puoi trovare occasioni di fertile confronto, scambi con i tuoi coetanei, la guida degli adulti... Penso che questo vostro mondo parrocchiale così ben guidato, pieno di talenti e competenze, carico di entusiasmo e aperto al prossimo, sia un approdo ineludibile per chi cerca. Non solo per chi cerca la via, anche per chi cerca lavoro, per chi cerca il senso della propria vita, per chi fatica a trovare il senso delle proprie difficoltà e ne dispera. Forza Tomi, magari affida i tormenti al tuo parroco, che è pastore e padre. Non so, provo a immaginare che tutto ciò possa lenire il tuo sconforto e accompagnarti, prontamente e dolcemente, fuori dal guado. Provaci, magari cambiare aria ti farà bene. Organizzati con gli altri, chiedi. Bussate e vi sarà aperto. La giovinezza è il tempo dell'audacia, della sperimentazione. Scusa se ti sembreranno banali e noiose le cose che dico, ma, sai, io non conosco, provo a immaginare e dico a te quello che per anni ho detto ai miei figli e ancora oggi che sono più che adulti, in questi tempi così pesanti. Scusami se sono inadeguata con le mie parole povere, ma vorrei che si accendesse una lucina nei tuoi occhi che ti conducesse proprio là dove c'è, sicuramente, qualcuno pronto ad abbracciarti e a portare con te il peso delle incertezze e dei tormenti, in attesa che, da qualche parte, faccia chiaro.
Uniamo i puntini !
Desidero proporvi questa riflessione di Steve Jobs, ideatore e fondatore della Apple Computer e poi della Pixar Animation Studio, uomo che rappresenta un punto di riferimento mondiale dal punto di vista della creatività e dell’innovazione. Lo conoscevo per gli aspetti più pubblici (e luccicanti) della sua genialità e del suo successo nel campo delle nuove tecnologie, ma questo suo discorso, presentato il 14 giugno 2005 in occasione della consegna dei diplomi di laurea agli studenti della Stanford University, sembra fatto apposta per dare un contributo importante alla nostra riflessione.
L’intervento, lungo ma estremamente scorrevole, merita davvero lo sforzo della vostra lettura...
Sono onorato di essere con voi oggi per la vostra laurea in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Ad essere sincero, questo è la cosa più vicina ad una laurea, per me.
Oggi voglio raccontarvi tre storie che mi appartengono. Tutto qui. Niente di particolare. Solo tre storie.
La prima storia parla di unire i puntini.
Ho smesso di frequentare il Reed College dopo i primi 6 mesi, ma gli sono rimasto attorno per altri 18 mesi prima di lasciarlo definitivamente. Perchè lo feci?
Tutto cominciò prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa universitaria nubile e decise di darmi in adozione. Sentiva nel suo cuore che io dovessi essere adottato da un laureato, così venne preparata la mia adozione, alla nascita, per un avvocato e sua moglie.
Solo quando vidi la luce questi decisero all’ultimo momento di desiderare una bambina. Quindi i miei genitori, che erano in lista d’attesa, vennero chiamati nel mezzo della notte da una voce che chiedeva: “Abbiamo un bambino indesiderato, lo volete?” Essi dissero: “Certo”. Mia madre biologica scoprì in seguito che mia madre non si era mai laureata a che mio padre non aveva neanche il diploma di scuola superiore. Rifiutò di firmare i documenti per l’adozione. Accettò, riluttante, solo qualche mese dopo quando i miei genitori promisero che un giorno sarei andato all’università.
17 anni dopo andai all’università. Ma ingenuamente scelsi un istituto universitario costoso quanto Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori lavoratori furono spessi per la retta. Dopo sei mesi non riuscivo a vederne l’utilità. Non avevo idea di cosa fare nella vita e nessun indizio su come l’università avrebbe potuto aiutarmi a capirlo. Così spesi tutti i soldi che i miei genitori avevano risparmiato in un’intera vita di lavoro. Decisi di non seguire il piano degli studi obbligatorio, confidando nel fatto che tutto si sarebbe sistemato. Ero molto spaventato da quella decisione, ma col senno di poi, sarebbe stata una delle migliori decisioni che avessi mai preso. Nel momento in cui scelsi un piano di studio personalizzato avevo la possibilità di ignorare le lezioni che non mi interessavano e di scegliere quelle che mi apparivano più interessanti.
Non era per niente romantico. Non avevo una stanza al dormitorio, così dormivo sul pavimento in stanze di amici. Restituivo i vuoti di cocacola per i 5 centesimi di deposito, ci compravo da mangiare, e mi facevo più di 10 kilometri a piedi attraverso la città, ogni domenica notte, per avere un pasto a settimana al tempio Hare Krishna. Che bello. Tutto quello in cui inciampai semplicemente seguendo la mia curiosità ed il mio intuito si rivelarono in seguito di valore inestimabile.
Per esempio:
il Reed College all’epoca offriva quello che era probabilmente il miglior corso di calligrafia del paese. In tutto il campus, ogni manifesto, ogni etichetta su ogni cassetto, era meravigliosamente scritto a mano. Decisi di prendere lezioni di calligrafia. Appresi la differenza tra i tipi di caratteri con grazie e senza grazie. Imparai l’importanza della variazione dello spazio tra combinazioni diverse di caratteri. Mi insegnarono quali elementi fanno della tipografia, una grande tipografia. Era affascinante: si trattava di storia, bellezza ed arte come la scienza non può catturare.
Niente di tutto ciò aveva la benchè minima speranza di una qualunque applicazione nella mia vita. Ma dieci anni dopo, quando stavamo progettando il primo computer Macintosh, tutto mi tornò utile. E lo mettemo interamente nel Mac. Era il primo computer che curasse la tipografia. Se non avessi mai scelto quel corso, al college, il Mac non avrebbe mai avuto font proporzionali e font a larghezza fissa. E siccome Windows ha copiato il Mac, è probabile che nessun computer li avrebbe avuti. Se non avessi scelto di interrompere il piano degli studi obbligatorio non avrei scelto quel corso di calligrafia ed i personal computer avrebbero potuto non avere la stupenda tipografia che hanno. Era ovviamente impossibile unire i puntini guardando al futuro mentre ero al college e capire in cosa si sarebbe concretizzata. Ma la realizzazione era estremamenta chiara, guardardando alle spalle, dieci anni dopo.
Ve lo ripeto, non puoi unire i puntini guardando al futuro, puoi connetterli in un disegno, solo se guardi al passato. Dovete quindi avere fiducia nel fatto che i puntini si connetteranno, in qualche modo, nel vostro futuro. Dovete avere fede in qualcosa - il vostro intuito, il destino, la vita, il karma, quello che sia. Questo approccio non mi ha mai deluso e ha fatto tutta la differenza nella mia vita
La seconda storia parla d’amore e di perdita.
Sono stato fortunato - ho scoperto quello che amavo fare molto presto. Woz ed io fondammo la Apple nel garage dei miei genitori quando avevo vent’anni. Lavorammo duro, e in 10 anni la Apple crebbe dai due che eravamo in un garage ad una società da 2 miliardi di dollari con più di 4000 impiegati.
Avevamo appena creato il nostro miglior prodotto - il Macintosh - un anno prima, e io avevo appena compiuto 30 anni. E fui licenziato. Come si fa ad essere licenziati dalla compagnia che hai fondato? Beh, non appena la Apple si espanse assumemmo qualcuno che pensavo fosse molto capace nel gestire l’aziende con me, e per il primo anno le cose andarono bene.
Ma la nostra visione del futuro cominciò a divergere e alla fine decidemmo di rompere. Quando ci fu la rottura i nostri dirigenti decisero di stare dalla sua parte. Così, a trent’anni, ero fuori. E molto pubblicamente. Il centro della mia vita da adulto era completamente andato, sparito, è stato devastante.
Non ho saputo che pesci pigliare per un po’ di mesi. Sentivo di aver deluso la precedente generazione di imprenditori per aver mollato la presa. Incontrai David Packard e Bob Noyce per cercare di scusarmi per aver rovinato tutto così malamente. Fu un fallimento pubblico, pensai addirittura di andarmene. Ma qualcosa, lentamente, si faceva luce in me. Amavo ancora quello che avevo realizzato. L’inaspettato e repentino cambiamento alla Apple non avevano cambiato quello che provavo, neanche un poco. Ero stato rifiutato, ma ero ancora innamorato. Quindi decisi di ricominciare.
All’epoca non me ne accorsi, ma il mio licenziamento dalla Apple fu la cosa migliore che poteva capitarmi. Il peso del successo fu rimpiazzato dall’illuminazione di essere un principiante ancora una volta, con molta meno sicurezza su tutto. Questo mi liberò e mi consentì di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi, fondai una società di nome NeXT, un’altra di nome Pixar, a mi innamorai di una meravigliosa donna che sarebbe poi diventata mia moglie.
Pixar finì per creare il primo film animato al computer della storia, Toy Story, ed è ora lo studio di animazione più famoso al mondo. Apple, con una mossa notevole, acquisì NeXT, io tornai ad Apple, e la tecnologia che sviluppo con NeXT è oggi nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. Laurene ed io abbiamo una stupenda famiglia.
Sono sicurissimo che niente di tutto ciò sarebbe accaduto se non fossi stato licenziato da Apple. E’ stato un boccone amarissimo da buttar giù, ma era la medicina di cui avevo bisogno. A volte la vita ti colpisce in testa come un mattone. Non perdete la fede. Sono convinto del fatto che l’unica cosa che mi ha consentito di proseguire sia stato l’amore che provavo per quello che facevo. dovete trovare ciò che amate. E’ questo è tanto vero per il vostro lavoro quanto per chi vi ama. Il lavoro riempirà gran parte della vostra vita e l’unico modo per essere veramente soddisfatti e quello di fare quello che pensate sia il lavoro migliore. E l’unico modo per fare il lavoro migliore e quello di amare quello che fate. Se non lo avete ancora trovato, continuate a cercare. Non vi fermate. Come tutti gli affari di cuore, lo saprete quando lo troverete. E, come nelle migliori relazioni, diventerà sempre migliore al passare degli anni. Quindi, continuate a cercarlo fino a quando non l’avrete trovato. Non fermatevi.
La terza storia parla di morte.
Quando avevo 17 anni, lessi un brano che diceva più o meno: “se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, prima o poi lo sarà veramente”. Rimasi impresso, e da allora, per gli ultimi 33 anni, ho guardato nello specchio ogni mattina e mi sono chiesto: “se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei veramente fare quello che sto per fare oggi?” E ogni volta che la risposta fosse “No” per troppi giorni di seguito sapevo di aver bisogno di cambiare qualcosa.
Ricordare che morirò presto è stato lo strumento più importante che mi ha consentito di fare le scelte più grandi della mia vita. Perchè praticamente tutto - tutte le aspettative, l’orgoglio, le paure di fallire - tutte queste cose semplicemente svaniscono di fronte alla morte, lasciandoci con quello che è veramente importante.
Ricordarsi che moriremo è il modo migliore che conosco per evitare le trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è nessun motivo per non seguire il vostro cuore.
Circa un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto una TAC alle 7:30 del mattino e mostrava chiaramente un tumore nel mio pancreas. Non sapevo neanche cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che si trattava sicuramente di un tipo di cancro incurabile, e che avrei avuto un’aspettativa di vita non superiore ai 3-6 mesi. Il mio dottore mi consigliò di andare a casa e di sistemare le mie cose, che è il messaggio in codice dei dottori per dirti di prepararti a morire. Significa che devi provare a dire ai tuoi bambini ogni cosa che pensavi di dirgli nei prossimi dieci anni, in pochi mesi. Significa che devi assicurarti che ogni cosa sia a posto così che sarà la più facile possibile per la tua famiglia. Significa che devi dire addio.
Ho vissuto con quella diagnosi tutto il giorno. Più tardi, nel pomeriggio, mi è stata fatta una biopsia. Mi hanno infilato un endoscopio nella gola che è passato per il mio stomaco ed il mio intestino. hanno messo un ago nel mio pancreas e hanno prelevato alcune cellule dal tumore. Ero sotto sedativi, ma mia moglie, che era lì, mi ha detto che quando hanno analizzato le cellule al microscopio i dottori cominciarono a piangere perchè scoprirono che si trattava di una rarissima forma di cancro pancreatico curabile con la chirurgia. Sono stato operato. Ora sto bene.
E’ stata la mia esperienza più vicina alla morte e spero che rimanga tale per qualche decennio ancora. Avendola superata posso finalmente dirvi con più certezza di quando la morte era semplicemente un utile concetto ma puramente intellettuale:
Nessuno vuole morire. Neanche chi vuole andare in paradiso vuole morire per arrivarci. E nonostante tutto, la morte è la destinazione che condividiamo. Nessuno vi è mai sfuggito. E così dovrebbe essere perchè la Morte è probabilmente l’unica, migliore invenzione della Vita. E’ l’agente di cambiamento della Vita. Elimina il vecchio per far spazio al nuovo. Proprio adesso il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo distante da oggi, diventerete gradualmente il vecchio che deve essere eliminato. Mi dispiace essere così drammatico, ma questa è la verità.
Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi - che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altri. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui lasci affogare la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore ed il vostro intuito. Loro sanno già quello che voi volete veramente diventare. Tutto il resto è secondario.
Quando ero giovane, c’era un’incredibile pubblicazione chiamata The Whole Earth Catalog, che era una delle bibbie della mia generazione. Era stata creata da un tizio di nome Stewart Brand non troppo lontano da qui, a Menlo Park, e la portò alla luce con il suo tocco poetico. Stiamo parlando dei tardi anni ‘60, prima dei computer ed il desktop publishing, quidi era tutta fatta con macchine da scrivere, forbici e Polaroid. Era una sorta di Google di carta, 35 anni prima della venuta di Google: era idealistico, e pieno di strumenti utili ed informazioni preziose.
Stewart ed il suo gruppo pubblicaro molti numeri del Grande Catalogo Mondiale fino all’ultima edizione. Eravamo a metà degli anni ‘70 ed io avevo la vostra età. Sul retro di copertina dell’ultimo numero c’erà la foto di una strada di campagna all’alba, quel tipo di strada sulla quale potreste trovarvi a fare l’autostop se voste così avventurosi. Sotto c’erano queste parole “Siate affamati, siate folli“. Questo era il messaggio di congedo. Rimanere affamato. Rimanere folle. Me lo sono sempre augurato.
Ed ora, per voi che state per laurearvi, lo auguro a voi.
Siate affamati. Siate folli.
Grazie.
La cosa che mi ha colpito di più
La cosa che mi ha colpito di più nell'interessante discorso che tu, Leo, ci hai proposto, è la semplicità con cui Jobs parla della morte come realtà che da senso alla vita. Il credere – un po' ingenuo e un po'scaramantico - che non parlare della morte possa tenerla lontana, è una forte tentazione. E questo goffo tentativo può condizionare pesantemente le nostre (di noi uomini) scelte. Jobs non cita a chi apparteneva la frase che lo ha accompagnato nelle scelte importanti della sua vita “se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, prima o poi lo sarà veramente”, dal che presumo che non se lo ricordi. Io, invece, mi ricordo molto bene a chi appartiene la frase che si è infissa nel mio cuore e nella mia mente “ ... C'erano dieci ragazze che avevano preso le loro lampade a olio ed erano andate incontro allo sposo. Cinque erano sciocche e cinque erano sagge ...” ed è Matteo (25,1-13).
Fin da bambina, da quando l'ho sentita per la prima volta, questa lapidaria frase sta orientando tutte le mie scelte... spero!!!
presto presto
Presto e bene. Tutti devono leggere la proposta di leo. Come si fa a commentare una vita così? Grande Steve Jobs e grande Leo che l'ha scovato e ce l'ha regalato.
vasco e il mondo che...vorrebbe
Con il suo linguaggio semplice e diretto, sostenuto e arricchito di suggestioni dalla musica e dalla voce, Vasco si insinua nel cuore e nella mente. Vasco non è un ottimista. Dà una rappresentazione della condizione umana alla ricerca perenne ma nevrotica. Ricerca di che cosa? C'è un'inquietudine che non si scioglie, non si risolve. Mi piace la canzone nonostante io abbia un pregiudizio negativo su Vasco Rossi che, per esempio, non mi fa desiderare di vederlo in concerto. Nel suo lungo e fortunato cammino tante volte è stato chiesto a Vasco Rossi di schierarsi apertamente contro l'uso di droghe, alcool e altri vizi. Si è sempre rifiutato. E non ha mai spiegato il rifiuto. No e basta. Negli anni pesanti dell'eroina il cattivo esempio di Vasco ha fatto molte vittime. Perciò, nonostante le sue canzoni e la sua musica mi piacciano, ne avverto, pure, forte, il lato oscuro che opprime e, talora, devasta. Quell'ultima strofa è il trionfo del nichilismo. "Ci si deve accontentare, qui si può solo perdere e alla fine non si perde neanche più". No, non ci si deve accontentare. Bisogna cercare sempre, guardare fin nelle pieghe della vita, la nostra e quella altrui, consapevoli che quello che ci viene dato si dispiega lentamente, senza fretta, ma senza indugi accidiosi. Ci si deve accontentare? No, bisogna sperare sempre, accettare la sfida delle difficoltà, delle asperità, ricordando che "per aspera ad astra". E talora succede. Se poi non succede proprio a noi, pazienza. Anche la pazienza è una virtù poco esercitata. E vorrei dire a Tomi che il mal comune mezzo gaudio non può essere un modo per tirarsi su il morale. Non funziona. Anzi, è avvilente. Può, invece, aiutare uno sguardo amico e benevolente al problema dell'altro, la condivisione, l' offerta spontanea d'aiuto e la richiesta quando il bisogno è nostro. E' vero Tomi, quel lavoro che non trovi, quello che vorresti, tu e tanti giovani come te, ti rende ostile. Ma questo è il nostro tempo e queste le difficoltà. Cerchiamo di non combattere contro i mulini a vento. Soprattutto i giovani hanno il dovere di accettare le difficoltà senza troppi piagnistei. Che dovrebbero fare allora gli anziani in difficoltà? Tagliarsi le vene? O imbracciare i fucili? Come qualcuno ogni tanto minaccia? Forza ragazzi, non chiudetevi nei perfidi umori e nelle malinconie. Affacciatevi alla vita con la forza della vostra giovinezza che vi aiuta a superare le difficoltà e abbassate le pretese. Fate quello che potete con quello che avete a disposizione. Non inseguite i falsi profeti. E' giusta e doverosa e sacrosanta l'aspirazione al benessere, ma per ottenere risultati ci vogliono impegno, tempo e, spesso, sacrifici. Forza. Se non lasciamo passare il tempo (un bene così prezioso) inutilmente, le cose buone e giuste per noi arrivano. E noi saremo bravi a riconoscerle perché avremo gli occhi ben aperti e i sensi vigili, pronti a coglierle e a farle fruttare. Il "qui si può solo perdere" cantiamolo nella canzone di Vasco ma non assumiamolo come motivo-guida del nostro vivere. Non ci crede neanche lui.
dialogo tra Vasco e Vasco...
non tremare, non ti posso far male, se l'Amore è Amore..
Ammetto che pure io critico la vita troppo spericolata del Vasco.. anzi, meglio.. la vita con poco rispetto per la vita stessa. Ma tant'è ormai le canzoni del Vasco sono andate a formare l'abc dei miei apprendimenti. Posso criticare lo stile di vita del Vasco. Difendo a spada tratta le sue canzoni.
Avendo a disposizione la discograzia quasi completa del Vasco (dico quasi perché molte canzoni non se le ricorda nemmeno lo stesso Vasco) ogni tanto mi diverto a masterizzare cd che presentino canzoni vecchie e nuove intrecciate come a formare un botta e risposta tra il Vasco presente e il Vasco passato. Vengo al dunque.
Vasco scrive: "ci si deve accontentare.. qui si può solo perdere.."
Vasco risponde: "se la guerra poi adesso cominciamo a farla noi.. non sorridete, gli spari sopra, sono per voi.."
Vasco scrive: "voglio trovare un senso a questa vita.."
Vasco risponde: "vivere.. e sorridere dei guai, proprio come non hai fatto mai.. e pensare che domani sarà sempre meglio..".
E potrei continuare ancora ma perderei il filo del discorso.
Vasco Rossi ci sottopone dei problemi e ci offre delle soluzioni. Tempo addietro in un articolo iniziai il discorso scrivendo: "Questa Terra è malata e meravigliosa..". Siamo malati perché sembra che le nostre vite si muovano per inerzia lungo un percorso prestabilito.. ma siamo meravigliosi perché conosciamo la cura alla malattia. Chi non si cura non lo fa perché ha convenienza a non farlo.. questo è solo un sintomo della malattia. Nel mondo che vorrei mi piacerebbe nelle notti di Luna piena che si spegnessero per qualche istante i lampioni lungo le strade. Vorrei che l'essere umano tornasse ad appassionarsi e lasciarsi abbagliare dalla luce che ci viene offerta dalla Natura. Vorrei ammirare la luce di quel piccolo satellite che ha ispirato poeti e cantori, filosofi e scienziati, pastori e viandanti.
Ci vuole pazienza, concordo, e bisogna anche sapere soffrire in alcuni momenti. E pazienza non è stare fermi in sala d'attesa. Pazienza è trovare compagnia nel duro viaggio contro corrente. Forza per risolvere problemi che devono essere risolti.
(Mi concedo una annotazione azzardata: c'è una persona che più di tutti ci ha sottoposto problemi e ci ha offerto soluzioni. Gesù. Ci hanno sempre detto che.. ma lui ci ha insegnato che.. che l'Amore è la vera soluzione di tutti i problemi. Ma l'Amore somiglia al Sole che sorge all'orizzonte, fra noi e il Sole c'è un mare di vita quotidiana che in qualche modo va affrontata, così spesso perdiamo di vista il Sole.. e immergiamo la testa in un mare di guai.. questa è la vita, e in ogni modo vale la pena di essere vissuta.)
Ciao!
ribatto
Noto che nel tuo commento hai fatto il mio nome, e che mi hai rivolto un'esortazione diretta, ossia di accettare le difficoltà in cui immancabilmente mi imbatto e di impegnarmi per superarle. Desidero dunque ribattere le parole che mi hai rivolto. Innanzittutto io non ho affatto detto che il "mal comune mezzo gaudio" funziona per sentirsi meglio. Se rileggerai il mio commento, ti accorgerai che quell'affermazione è inserita in un contesto ironico, per dichiarare apertamente che quell'atteggiamento non può funzionare, come giustamente dici tu. Per quanto riguarda le difficoltà da superare, io non penso affatto che nella vita non debbano mai esserci degli scogli (anche se in fondo tutti lo vorremmo...), e che tutto debba essere superfacile. Ma un discorso è dire che una cosa è difficile e richiede impegno, un altro è dire che è impoissibile. Anch'io accetto che ci siano le difficoltà, ho abbastanza i piedi per terra per capire che bisogna accettarle, quello che invece mi urta è che quelle cose che costituiscono la base fondamentale della propria realizzazione (come ad esempio una posizione lavorativa stabile dal punto di vista contrattuale e conomico) molte volte anzichè essere difficili sono impossibili. Detto banalmente, se non hai la grana non vai da nessuna parte, non c'è niente da fare. Inoltre non vedo come possa aiutare il fatto di essere giovane: proprio perché lo sono, mi ritengo in diritto di avere determinate aspettative, che sono poi il terra a terra della vita, e il vedere che sono irrealizzabili rende la mia vita molto penosa da vivere. La salute fisica è un bene preziosissimo, ma non basta per riempire la vita di una persona, giovane o vecchia che sia. Per quanto riguarda gli anziani in difficoltà (e in effetti ce ne sono molti), per loro il discorso è diverso, in quanto avendo alle spalle una vita lavorativa hanno certamente qualcosa da parte per far fronte a eventuali esigenze, e poi si presume siano possessori della casa in cui abitano, a differenza di un giovane che ha un canone mensile d'affitto, anche se comunque anche loro, io penso, hanno tutte le ragioni per condividere il nostro malumore.
Tutto questo riguarda l'aspetto economico-lavorativo in particolare. In generale, per quanto riguarda l'ultima parte del tuo intervento, ribadisco quanto già detto prima: dire che per avere il prorio benessere occorre impegno non è lo stesso che dire che ottenerlo è impossibile, perchè il mondo lo vieta. Non dimenticare che, anche se indubbiamente c'è chi si impegna e ottiene dei risultati, c'è pure una marea di gente che si adopera in tutti i modi per avere il proprio benessere e non lo ottiene, ed è costretta ad accontentarsi di un vivere triste e arido. Ciò può essere dovuto ai più disparati fattori, ma è così. Come può allora non venire da piangere?
Ti voglio bene...
...Gis! Tanto!! Perchè avrei voluto essere capace di scrivere le parole che tu hai detto. Mi ci trovo profondamente. E non solo perchè vorrei che i nostri ragazzi prendessero il coraggio a quattro mani per affrontare la vita con tutte le fatiche che comporta e che certo non intendo negare, ma con quel lume di speranza che non fa perdere le forze, che tiene in piedi, che fa credere che domani, grazie anche al nostro contributo e alla grazia di Dio, potrà essere migliore di oggi.
Ma anche, Gis, perchè ti conosco, e so quanto queste parole siano vere, sentite e vissute sulla tua pelle, sulla tua fatica, sul tuo dolore, ma anche profondamente sulla tua speranza e sulla tua fede!! Per questo grazie, grazie, grazie!!
incontri, consonanze ed emozioni
Cri, tu lo sai quanto ringrazio il mio destino di avermi portato sulla tua giovane via. Il vostro affetto è una gemma preziosa, incastonata al centro di ogni mia giornata. Abbiamo bisogno di tanta forza per vivere. E, a volte, la fede non ci soccorre. Ma sono i limiti dell'umano che dobbiamo accettare. Il cuore, però, ha risorse inesplorate che non finiscono di sorprenderci. Fino in fondo.
Interpretazione mia
Io sono un fan del Vasco, perchè trovo che molte delle sue canzoni siano impregnate di spinte positive e che incitino a vivere al meglio la propria vita, anche se forse si può discutere sulla sua persona, come del resto quasi sempre avviene per i personaggi dello spettacolo. Come fan, accolgo dunque le scuse di don Alberto. Vorrei provare a dare una mia interpretazione del testo di questa canzone. Mi sembra che in sostanza il messaggio sia che noi esseri umani abbiamo detrminati desideri, che sono tanto semplici quanto legittimi, ma il mondo ostile nel quale siamo (e siamo stati, ricordate il forum sui genitori?) costretti a vivere non ci permette di realizzarli. Le prime due strofe insistono su questo tema, così come la quarta. Questa canzone mi sembra impregnata di pessimismo nei confronti della realtà, e io personalmente non vi vedo nemmeno un invito a rassegnarsi. Il tono generale non mi sembra che inviti alla rassegnazione, a dire: "è così, non ci si può far niente, dunque accontentiamoci e vivamo sereni nella nostra limitata realtà". No, non è questa la valutazione che trapela. Io tendo piuttosto a leggere un giudizio del tipo: "ci troviamo in una dimensione ostile, siamo costretti a tollerare di vederci negato il diritto di soddisfare le nostre più elementari esigenze, la realtà fa piangere, ma fa talmente piangere che non ci resta nemmeno la forza di concederci questo sfogo, e allora non piangiamo nemmeno più". Non so se Vasco volesse comunicare proprio questo messaggio, ma certamente sarebbe stato questo il mio intento se avessi scritto io la canzone. Del resto, ancora una volta, neanche farlo apposta, entrano in gioco molti dei temi da me proposti, e non molto approfonditi. Ad esempio, leggete la prima strofa: non è forse vero che all'inizio della vita, ossia nel periodo peggiore, l'essere umano vorrebbe fare tante cose che, in un modo o nell'altro, sono proibite, ed è quindi costretto a non farle? Chi non si è mai trovato in questa situazione nell'infanzia o nell'adolescenza, e forse anche dopo? E, alla fine, si conclude che la situazione è irrimediabile, bisogna accontentarsi dell'insoddisfazione e della frustrazione.
Concludo con un breve commento alla terza strofa: questa esula, a mio parere, dai temi appena elencati, e mostra come l'animo umano sia volubile: uno ci tiene tanto a fare qualcosa, ad andare da qualche parte, si dà tanto da fare, ed una volta arrivato ha già perso la motivazione, si rende conto che era quasi meglio prima. In conclusione, oltre al fatto che la realtà è ostile (e, ribadisco, lo è veramente), c'è anche che l'uomo è incontentabile. Esiste una via d'uscita a tutto questo? la canzone parrebbe dubitarne molto...
Ottima analisi
Condivido l'analisi del Tomi sulla canzone. Credo che quello che Vasco voleva comunicare era proprio quello che tu hai scritto. Ed è un leitmotif molto comune nelle sue canzoni. Esprime bene l'insoddisfazione che provano molte persone, molti giovani, e, in parte, anche ognuno di noi nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, l'espressione in tali forme di questo disagio mi ha sempre lasciato piuttosto perplesso, perchè sembra chiudersi in un pessimismo cosmico in cui non c'e' niente che si possa fare. Niente che valga la pena desiderare. Niente da sperare. Ebbene, combatto fortemente questa concezione. La ritengo pericolosa e dannosa anche socialmente, perchè se assecondata rischia drammaticamente di "autoavverarsi". Vivendo senza speranza, motore verso il futuro, anche il presente perde di senso, confermando l'insoddisfazione. Dualmente, quando comunichiamo o ci viene comunicato un vero messaggio di speranza, è immediato il sollievo e la "voglia di vivere" che sentiamo nel nostro cuore. Ma mentre si può essere benissimo tristi in solitudine, credo che la speranza viaggi meglio se comunicata.
Ma veniamo invece a quello che si può fare per limitare (difficilmente cancellare) questo disagio efficacemente denunciato dalla canzone. Credo che innanzitutto occorra chiarire meglio cosa desideriamo e, ancor di più, PERCHE' lo desideriamo. Tu hai scritto che "l'essere umano vorrebbe fare tante cose che, in un modo o nell'altro, sono proibite, ed è quindi costretto a non farle". In parte sono d'accordo, ma mi piacerebbe che facessi qualche esempio. Spesso si può fare molto più di quanto si crede per indirizzare al meglio i propri desideri, o perlomeno per comprendere da dove derivi la nostra insoddisfazione e per provare a porvi rimedio. In secondo luogo, ritengo sia molto importante il rapporto tra solitudine e comunità. Quando difettiamo di speranza, è l'amico o il prossimo che viene in aiuto. Personalmente ho difficoltà a sentirmi soddisfatto se chi è accanto a me non lo è. Forse, più che razionale, l'uomo è un essere sociale...
Esempi concreti
Caro marko, cercherò di accontentarti con degli esempi concreti. Il primo che mi viene in mente è qualcosa che ci è molto vicino, e riguarda un po' tutti noi, e in ogni caso l'ho già presentato in altre occasioni: il LAVORO. Il proverbio afferma che il lavoro nobilita l'uomo, e il buon senso ci suggerisce che si va a lavorare per avere di che vivere, e si prendono i soldi per far fronte alle spese necessarie per vivere dignitosamente. Ma nella realtà le cose stanno davvero così? Io dico di no. Vi sono tantissimi lavoratori che prendono la metà o poco più di quello che serve per fronteggiare le spese, e quindi parte del loro sostentamento la traggono da qualcun altro che li mantiene (come fai a vivere con 800/900 euro al mese, se ne spendi 400 o 500 di affitto?). Questo è il primissimo esempio che mi viene in mente di sconforto e di demotivazione, e confesso che io stesso non riesco a capire come sia possibile che in un paese vi sia una situazione simile. O siamo in mano a gente disonesta, che ci toglie quello di cui abbiamo bisogno per vivere, oppure la società non ha mezzi sufficienti per garantire a tutti i suoi membri una vita degna di questo nome (e comincio a pensare che sia così). Non puoi ribattere nulla su questo esempio. Ve ne sono tuttavia anche altri. Ci sono persone che hanno dei famigliari che soffocano i loro desideri e le loro inclinazioni (e quante!), tanto che sto davvero convincendomi che la famiglia sia una trappola, e che a volte sia meglio non averne una. Ma pensa anche a chi è impedito dalla malattia, ed è costretto a vivere come un vegetale, e considera che gli aspetti che ho elencato sono tutt'altro che marginali, poiché in un modo o nell'altro convolgono TUTTI. Ti bastano questi esempi? Per quanto riguarda il conforto degli altri, non nego che sia importante, quando ti senti infelice, avere qualcuno che ti ascolta e ti consiglia, ma non sarebbe meglio rimuovere le cause dell'infelicità? Ma già, non essendo questo possibile, dato che viviamo in un mondo di m..., cerchiamo almeno di tirarci su il morale a vicenda, in base al proverbio: "mal comune mezzo gaudio". Io sto male, ma sapere che anche altri stanno male, e magari peggio di me, dovrebbe farmi sentire in qualche modo sollevato, e indurmi alla rassegnazione. Personalmente, a me dispiace sapere che c'è chi soffre, e se mai avrò occasione di fare qualcosa per chi è triste lo farò, però questo non è sufficiente perché io mi rassegni a vedermi negate le mie richieste più elementari, come ad esempio, in questo momento, la ricerca di un lavoro che mi permetta di sistemarmi come voglio io. Resto in attesa di sapere se i miei esempi ti hanno convinto, eventualmente dimmene tu degli altri.
il mondo che vorrei ... e il mondo che voglio
Rischio un commento alla canzone proposta da Vasco. La linea melodica mi sembra semplice, orecchiabile, e trovo molto intensa, come sempre, la voce del Vasco. Qualche perplessità invece desta il me il testo. Certo il testo è molto aperto quanto al senso, e probabilmente è voluto così, in modo che ciascuno possa leggerlo e cantarlo e sentirlo un pochettino a modo proprio. Trovo infatti un sapore di protesta (ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei, ecc. non è così il mondo che vorrei), unita ad un intenso e doloroso desiderio di qualcosa che non viene affatto definito e che viene sentito come del tutto assente (terza strofa), per cui lo sbocco mi sembra rassegnato, poiché alla fine ' si può solo perdere', anzi viene persino tolta paradossalmente la possibilità stessa di piangere e di perdere (seconda e quarta strofa). In conclusione io sento in questo brano una dolorosa separazione tra quello che vorrei e quello che voglio, nessuno dei quali viene precisato. Mi pare che manchi proprio un elemento decisivo di collegamento tra mondo ideale e mondo reale, tra quello che vorrei e quello che voglio io (e noi), cioè il modo in cui io (e noi) scegliamo di vivere e di agire; questo a mio parere fà la differenza. Tra l'altro il soggetto è un io che sento molto solo, mancano il tu e il noi! Chiedo anticipatamente scusa ai fans di Vasco se a parer loro ho frainteso il testo, pronto ad accogliere interpretazioni più pertinenti della mia.
ancora spunti...
Cari amici, condivido volentieri anch’io qualche spunto evocato dall’ascolto del brano.
Come sono da sempre solito fare con la canzone d’autore, mi sono accostato a questo brano con profondo rispetto, cioè aprendo i sensi e lasciando che parole e musica, inscindibilmente unite, provassero a condurmi per qualche minuto al cuore di chi col cuore ha composto.
Così ho fatto anche poco fa, lasciando scorrere con grande calma la canzone, dalla sua breve introduzione sino all’assolo finale di chitarra. Cosa ho percepito? Alcuni spunti... L’immagine del “sorvolare le montagne” è parsa dirmi subito tanto, in qualche modo dipingendo un orizzonte che se pure contiene le frustrazioni del quotidiano, poi però va’ anche subito ben oltre. Non credo insomma siano tanto e solo le piccole e grandi frustrazioni di ogni giorno che spingono Vasco al suo accorato “non è così il mondo che vorrei”. La prospettiva di senso è più alta, in qualche modo è collocata ben sopra le montagne. E in effetti pensandoci queste parole non scaturiscono da un disoccupato ne’da un operaio turnista, ma da una star mondiale ricca di successo, di denaro, di approvazione, di fans, e oggi pure di una famiglia felice. Il profondo senso di vuoto che traspare a mio avviso punta oltre. Anche il grido “qui si può solo piangere” evoca in me una dimensione di dolore profondo o di distacco estremo, non tanto il pianto dovuto al mancato raggiungimento di specifici obiettivi. Quando Vasco dice “non si può spingere solo l’acceleratore” conferma in me la sensazione che stia lamentando la difficoltà di scorgere un senso forte e unitario che possa essere soddisfacente a fronte della molteplicità delle esperienze, siano pure queste fortunate e ricolme di successi.
Dove e come trovare questo senso grande e unitario, sempre ammesso che esista? Qui il brano tace, non offre risposte precostituite, e sia la chiusura testuale (“e alla fine non si perde neanche più” ) che, e forse ancor più..., la lunga e struggente chiusura musicale (assolo di chitarra) mi paiono invito ad una ricerca seria e profonda cui tutti siamo personalmente chiamati.