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Sulla Speranza

Sulla Speranza

 
Sintesi della predicazione di Avvento
tenuta in S. Egidio da Don Alberto
 
Il discorso sulla speranza è oggi uno dei più necessari, ma anche dei più difficili.
La scena del mondo, ma anche della vita di molte persone è segnata da un profondo disorientamento della libertà; esso impedisce di guardare al futuro, mentre concentra su quel presente che sembra tanto reale, e subito diventa passato che non lascia traccia. Non è poi necessario ricordare che si tratta di un discorso cristiano assolutamente determinante e insostituibile.
 
E' un discorso necessario perché si tratta di liberare la speranza da un cumulo di pregiudizi
Eccone alcuni:
a.      la speranza viene identificata con i desideri, i quali molto rapidamente creano illusione prima, disillusione poi; in una specie di ciclo dell'eterno ritorno e dell'insoddisfazione permanente.
b.      la speranza viene identificata con una utopia socio-politica, che appena elevata a sistema reale di potere o a esercizio di giustizia, mostra le sue debolezze, e talora perfino la sua violenza.
c.      la speranza viene identificata con uno stato di cose esterno alle persone, che dovrebbe in qualche modo prodursi senza il loro impegno. E' la tentazione molto attuale di sostituire la speranza con la magia o con l'una o l'altra scienza.
d.      La speranza nel futuro viene privata delle sue radici nel passato, con una forte frattura tra generazioni e tra modi di vivere. Accade allora che ci si perde nell'indecisione e nel disimpegno: il futuro è nelle mani della società, mentre al singolo sfugge. La conclusione suona più o meno così: vivremo come si potrà.
 
E' un discorso difficile, perché la parola indica un oggetto indomabile, campi e attività sterminati, sentimenti profondi e difficili. 
Infatti la speranza si muove:
a.      tra presente e futuro, partendo da esperienze sia positive sia problematiche, e proiettandole sul tempo che non possediamo, ma che forse ci sarà concesso. L'incertezza è il pane della speranza.
b.      tra finito e infinito, poiché se in partenza per sperare bisogna avere qualcosa tra le mani, tuttavia ciò che si spera per un verso o un altro è sempre più grande di ciò che possediamo al presente, anche se sembra avere le nostre misure (la salute, un certo successo, ecc.)
c.      tra cielo e terra, poiché chi spera guarda in alto, e, anche se di poco, si eleva al di sopra delle dimensioni del vivere già noto e sperimentato. La speranza rimanda a qualcosa di diverso, che può venire solo da un'altra parte, dal cielo appunto.
 
1.      La speranza occupa una posizione molto particolare nella vita umana, una posizione di passaggio; collega infatti, anche nell'elenco che ne offre la Scrittura, il posto intermedio tra fede e carità. Il ruolo intermedio spiega tuttavia molti aspetti importanti di questo atteggiamento fondamentale del vivere. Anzitutto la speranza viene dalla fede, cioè da quel fare credito a qualcuno, che appunto si mostra credibile, ossia affidabile (così avviene nelle esperienze della nascita e della crescita, della cura nella malattia, del matrimonio, dell'amicizia, ecc.). Ora qualcuno è credibile quando ha dato buona prova di sé; così la fede esige una storia provata. Ebbene la fede racconta quella viva storia passata che rende possibile al presente la speranza nel futuro (la fede è fondamento delle cose che si sperano Eb11,1). Di conseguenza la speranza è la fede portata nel futuro, ossia prolungata in nuove esperienze di fedeltà. La fede è il passato della speranza; la speranza è il futuro della fede. La carità poi è il presente dell'una e dell'altra (la carità tutto spera !Co 13,7), è l'atto mediante il quale testimonio che credo in Dio e spero nel compimento delle sue promesse. Perciò la carità cristiana è soprattutto azione, servizio rivolto a Dio nella preghiera e al fratello nel bisogno. La speranza è dunque il dinamismo segreto dell'adesione dell'uomo a Dio, del suo modo di vivere nella fede e nella carità.
 
2.      La speranza ha un soggetto vivente: l'uomo, che fin nelle più piccole esperienze e azioni della vita quotidiana, deve proiettarsi nel futuro, vivendo di quella speranza che ha sempre come risvolto l'accettazione, più o meno serena, dell'incertezza (colui che ara deve arare nella speranza, dice emblematicamente S. Paolo, 1Co 9,10). Ciò vale perfino nelle azioni con le quali cerchiamo un interesse o un vantaggio. Ma diventa molto più forte se sono in gioco relazioni essenziali della vita, come il matrimonio, la salute, la pace, il rispetto civile dei diritti e dei doveri, ecc. Eppure queste speranze (al plurale) per quanto rilevanti, non sono l'intero oggetto della speranza (al singolare). Ora si tratta dell'irrequietezza dei desideri, che mai si acquietano e sempre si rinnovano; col risultato che, anche se l'uomo possedesse il mondo intero, non per questo sarebbe in pace (felicità). E' a questo punto che la speranza avverte il limite del mondo intero (si pensi al passaggio, in un certo senso permanente, dall'età giovanile all'età adulta e anziana) e si trova di fronte alla decisione di varcare o meno la soglia della trascendenza. Intimorito di fronte alla grandezza di Dio, l'uomo può retrocedere e vagare, insoddisfatto o rassegnato, tra le cose e le occasioni del mondo, per cercare oblio, infine oblio di sé e della propria ricerca. In questa posizione, solo a prima vista comoda, l'uomo campa, tira avanti con fatica e pena, perdendosi volutamente in una specie di percorso senza sbocco. La vita assomiglia a un labirinto. Ma l'uomo può certo varcare la soglia della speranza; è possibile non solo perché questo è l'intimo desiderio del cuore, e di ogni speranza al plurale, ma soprattutto perché dall'altra parte risuona la voce che chiama. In mille modi noi udiamo questa voce; ma essa viene udita distintamente quando è la voce di Dio: Abramo, Mosé i profeti, Gesù Cristo, Maria. gli apostoli, ogni battezzato: quanti hanno fatto e fanno questa meravigliosa esperienza. Dio mi chiama è il cuore della speranza. Egli viene a noi dal futuro e per il futuro come salvatore: questo è l'oggetto adeguato della speranza. La quale pertanto appare ora nella sua identità definita: è la speranza come dono (o teologica), quella che nasce perché Dio viene vicino e rende udibile la sua voce.
 
3.      Ora si può misurare meglio la difficoltà della speranza (e la facilità della disperazione, sommessa o conclamata che sia); essa infatti ha un carattere trascendente, attraversa il mondo e lo supera, viene da Dio, anzi viene con Dio: in questo modo diventa più che mai vistosa quella condizione che è già ben visibile fin nelle piccole speranze di ogni giorno. La speranza infatti ci consegna alle mani altrui, in un certo senso vero ci mette in loro balia, anzi ci mette in balia del mondo intero: il quale certo non dipende da noi, e meno ancora da me. Chi spera perde il possesso di sé e del mondo, si affida. La reticenza a questo lasciarci disporre è la radice dell'incredulità (della cattiveria, della indifferenza); la disponibilità è la fede, che subito porta la speranza verso il suo compimento. Infatti essa punta verso Dio e i suoi doni sempiterni, quelli che non deludono.
 
4.      A questo punto si delinea la figura completa della speranza, che per così dire si sdoppia. Liberati dall'incredulità ('un tempo eravate estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo' Ef 2,12), ottenuto il nucleo forte della promessa (la chiamata di Dio in Cristo, e il pegno dello Spirito Santo), tuttavia non siamo immediatamente portati oltre la provvisorietà e la prova. 'Non solo la creazione, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Poiché nella speranza noi siamo stati salvati. Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza' (Rm 8, 23-25). In verità a nessun uomo è concesso di vedere tutta la propria vita: la redenzione totale gli sfugge, non essendo alla portata delle sue capacità. Può solo vivere di fede e di speranza. Le primizie dello Spirito puntano nella direzione giusta: la redenzione del corpo, l'immortalità; ma appunto ora in essa si deve credere e sperare. E senza la speranza l'immortalità non viene, perché non trova il cuore pronto ad accoglierla. Come l'acqua gettata sul marmo è sprecata e non porta vita, così il dono dell'immortalità e la redenzione finale è dono sprecato da chi rimane chiuso nella disperazione (incredulità), o cerca di risolvere tutta la speranza nelle cose del mondo. La speranza invece ara il cuore perché possa accogliere la rugiada dello Spirito (Isaia) e così germogliare l'eternità.
 
5.      Perciò la speranza (insieme con il coraggio) affronta l'ultima prova di fronte alla morte. 'non affliggetevi come gli altri che non hanno speranza' (1Ts 4,13). L'afflizione di cui parla l'Apostolo non è l'insieme dei riti funebri dell'antichità, ma anzitutto quel senso di fatale sconfitta con cui la morte può oscurare l'intera vita umana, addirittura fin dalla giovinezza. Così la speranza accetta di essere messa alla prova, alla prova più dura: la morte. Si ricordi la lotta spirituale di Gesù nel Getsemani contro l'ultima tentazione; ma anche la prova di Abramo, che sperò contro ogni speranza (Rm 4,18): a lui Dio promette una discendenza innumerabile, mentre per lungo tempo, fino alla vecchiaia, non nasce da lui alcun figlio; ci sono poi le prove dei giusti (cf lettera agli Ebrei, 11-12; e l'intero libro dell'Apocalisse). Viceversa la speranza non mette alla prova Dio: sia perché egli ha già dato buona prova di sé in molte occasioni e modi, e soprattutto nella vicenda del Figlio Gesù, sia perché il Signore, e non l'uomo, dà i comandamenti.
 
6.      Quali sono nella vita umana i segni che rendono la speranza affidabile, pure in mezzo a prove talora estreme? Il primo segno è la generazione di figli, la quale sempre mette in campo la benedizione di Dio sull'umanità; essa corrisponde alla promessa con la quale Dio, legandosi all'uomo, si impegna a non distruggere l'umanità, a non pentirsi di averla creata, anche se le sue creature diventano come figli degeneri e bastardi. E certo non è un caso che spesso le promesse di Dio unite alla nascita di un figlio: l'erede delle promesse, il re Messia, il figlio dell'uomo che verrà in futuro. Il secondo segno è la riconciliazione tra gli uomini; come odio, violenza e guerra creano disperazione, la pace riporta all'umanità la speranza; perciò le promesse di Dio si riassumono nella pace. E la chiesa è comunità di coloro che ricevono la pace da Dio e vivono la riconciliazione nella fraternità della fede. Il terzo e decisivo segno è la venuta di Gesù Cristo, del quale tuttavia ancora attendiamo la piena manifestazione; egli è l'Amen, cioè il compimento delle promesse di Dio all'umanità; egli è la fedeltà di Dio. Perciò l'incarnazione del Verbo di Dio è l'oggetto adeguato della speranza: essa rende possibile la definitiva comunione di vita tra Dio e gli uomini. Ma anche l'intero cosmo ordinato, nel quale ci è possibile vivere la nostra personale vicenda, insieme con altri uomini e donne, anch'esso è segno della affidabilità della speranza.
 
7.      Ora la speranza permette, anzi autorizza e obbliga a guardare anche il mondo, la nostra vita individuale e collettiva. Essa rende possibile la pazienza, la fedeltà, la magnanimità: volentieri il credente spende la propria vita nella carità, e non cerca di trattenere la vita per sé; del resto anche Dio è paziente verso i nostri peccati, e ricorre ai tempi lunghi, attendendo con pazienza la nostra conversione. L'impegno paziente e forte è la realizzazione dell'invito dell'Apostolo: siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi (1Pt 3,15).
 
8.      Infine tutto deve ritornare a Dio; e la speranza ritorna a Dio mediante la preghiera, la quale alimenta attesa, vigilanza e desiderio. Pregando l'uomo affida la sua vita a Dio, nel presente e nel futuro: e questo è il respiro della speranza. La speranza è la grande questione dello spirito del nostro tempo.
 
Per sostenere la speranza possiamo pregare i Salmi n. 25, 27, 31, 33, 69, 130.