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bamboccioni ?!?

Mi "intrufolo" subito nel vostro spazio (spero non vi dispiaccia!) perchè desidero coinvolgervi in un dibattito che ha suscitato parecchio clamore nei mesi scorsi.

Credo ricordiate bene: un importante esponente del mondo politico italiano ha etichettato i giovani di oggi come... BAMBOCCIONI. 
Il suo discorso era indirizzato agli italiani in una fascia di età all'incirca compresa tra i 20 e i 35 anni, che lui trova un po' troppo impegnati a prolungare senza termine (con l'avvallo delle famiglie) un'età giovanile eccessivamente disimpegnata e spensierata. Questo a discapito di una crescita e di un passaggio a un'età matura che richiede più concretezza e impegno nella prospettiva di una famiglia, del lavoro, dell'impegno sociale e politico, etc.etc.

Per ora mi fermo qui.
Ci terrei a sentire cosa ne pensate voi, attuali o prossimi protagonisti di questa fase, estentendo se possibile la riflessione anche agli universitari che stanno per completare il proprio ciclo di studi e forse stanno guardando con qualche preoccupazione al proprio futuro ...

Anche l'apporto delle famiglie più giovani sarebbe importante per cogliere il clima attorno a questa problematica.

tema delicato!

Intanto ciao a tutti ed un grosso augurio di serenità e gioia per queste festività natalizie!

Riguardo al tema della discussione personalmente ritengo che sotto molti aspetti lo studio per i giovani sia  purtroppo divenuto l'anticamera della disoccupazione. Molte volte sento giovani parlare di iscrizioni all'università fatte senza convinzione ma con la semplice aspettativa di trovare chissà quale occupazione in un campo non ben definito una volta terminati gli studi e questo ritengo sia una cosa grave e preoccupante. Tralascio la categoria dei "bamboccioni" che  comunque esiste ed è composta da persone che spesso hanno anche un lavoro ma stanno bene a casa a farsi servire dai propri genitori e porto l'attenzione su chi per l'appunto sembra quasi voler prolungare gli studi semplicemente per l'impossibilità di trovare una occupazione appagante dopo il diploma. Credo sia fondamentale per un giovane capire da subito quali saranno le proprie aspettative e convinzioni sull'attività lavorativa da svolgere in futuro. Per esempio è logico che se un ragazzo vorrà diventare medico, chirurgo, avvocato e via dicendo dovrà intraprendere una carriera universitaria complessa ma indispensabile per svolgere la professione ma al giorno d'oggi mi sembra ci siano troppe facoltà universitarie indefinite che per l'appunto allungano i tempi di ingresso nel mondo del lavoro senza dare concrete prospettive per il futuro. Spesso poi queste decisioni sono caldeggiate dalle famiglie che con le migliori intenzioni si sobbarcano grossi sacrifici economici per assicurare o perlomeno mettere i propri figli in condizione di aspirare ad impieghi ben retribuiti e ben riconosciuti socialmente. La situazione è molto complessa ed offre molteplici aspetti per essere sviscerata a fondo, certo è che pur affermando l'importanza di una cultura personale indispensabile ed auspicabile per ciascun giovane (cultura che forse può anche svilupparsi in seguito come passione ed interesse personale) ripenso ad alcuni amici che dopo le scuole medie hanno interrotto gli studi, hanno imparato il mestiere di idraulico o di elettricista per circa 10 anni ed ora si sono messi in proprio aprendo la loro piccola ditta personale ed arrivando ora a prendere stipendi molto importanti e risolvendo il problema economico molto prima dei coetanei che tuttora sono impegnati in master univeristari o corsi di specializzazione per figure professionali che il mercato del lavoro non sembra in grado di assorbire.

Caro MarcoB, ricambio i tuoi

Caro MarcoB, ricambio i tuoi auguri di buone feste. A ben guardare, quello che tu dici concorda con quello che ho sostenuto in un precedente commento, riguardo allo studio. C'è gente che studia fino a età inverosimili, e magari riesce anche molto bene, e poi finisce in posti-trappole, con contratti disumani a lavorare come uno schiavo e prendere una miseria. Addirittura vi sono dei disgraziati che lavorano gratis per mesi e mesi, prima di prendere queste miserie. All'opposto, conosco delle persone che hanno iniziato a lavorare dopo il diploma, e adesso hanno posizioni buone: contratti a tempo indeterminato e retribuzioni più che buone che permetterebbero loro tranquillamente di non essere più bamboccioni. Tutto sommato, sto rivalutando la proposta di lavoro che ho ricevuto, e devo dire che non è male, in confronto alla prima delle due categorie che ho appena elencato. In ogni caso vi sono anche dei laureati che vanno a posto abbastanza in fretta, o dei diplomati che si trovano in difficoltà. Penso che questa differenza di qualità dipenda anche dal curriculum di studi svolto: chi ha certe lauree va a posto più rapidamente di chi ne ha altre, e chi inizia a lavorare dopo il diploma si trova in vantaggio più con un certo tipo di diploma che non con un altro. ma tutto dipende anche dalla persona: se uno sa farsi valere penso che dovrebbe incontrare migliori condizioni di lavoro; tuttavia non mi sembra che, a prescindere dall'essere laureati o meno, per i giovani essere in un buon posto, avere un buon contratto e prendere bene sia la regola. Non è che questo sarebbe, in un certo senso, contro natura? Ora devo interrompere il mio intervento, ma presto lo amplierò.

Grande Leo, finalmente

Grande Leo, finalmente qualcuno che abbia a cuore questo tema quanto l'ho a cuore io. Parlando per me, io ho già 24 anni suonati, tra pochi giorni inizia per me l'anno dei 25, e non ne posso più di stare in casa coi miei. Vado fino in fondo, e spero che tutti leggano le mie parole: stare in casa con loro ed essere mantenuto equivale a non vivere.

Ho l'impressione di sprecare la mia età, mi sento esattamente come quando avevo 12 anni. Non perché io non voglia loro bene, ma perché, scusate la volgarità, credo sia ora che me ne vada per i ca**i miei. Volete mettere la soddisfazione di vivere una vita mia, di avere un posto letto che pago con i miei stessi soldi, e guadagnarmi io la vita? Inoltre mi sembra naturale che ogni generazione stia per conto suo, sapete com'è... finché uno è piccolo deve essere seguito, ma dopo i vent'anni questa formula non sussiste più, uno può andare per conto suo, anzi DEVE. Per quanto mi riguarda, ancora 2 esami e mi laureo, e se tutto va bene tra 4 mesi sono dottore. ma poi, che farò? Le prospettive non sono per nulla incoraggianti. Ho fatto già un colloquio fuori Mantova, e mi hanno proposto un contratto di prova per 3-4 mesi, a 900-1000 euro al mese, poi spero che se mi assumono mi aumentino, poiché non si può pensare di prendere una cifra del genere per anni, è un insulto. Intanto ho dato pure un'occhiata alle possibili sistemazioni in zona, e mi sono dovuto rendere conto del fatto che l'unica possibilità è di affittare un posto letto a Modena (il paese è in provincia di Modena, ma è ben collegato con le corriere, per fortuna). Scrivo questo per far comprendere che le prospettive non incoraggiano per niente chi ha il sano desiderio di vedersi riconosciuto il diritto ad una vita sua, e personalmente ritengo che se da un lato c'è chi resta in casa perché ci marcia dentro, vi sono anche dei poveracci che farebbero il diavolo a quattro per staccarsi dalle grinfie dei genitori, ma i prezzi proibitivi e gli stipendi inadeguati sono un ostacolo non da ridere. Sarò anche io un poveraccio?  Io conosco soltanto un mio coetaneo che sta fuori casa, condividendo un appartamento con altre due persone, ma l'ho incontrato diverso tempo fa, magari ora è tornato dai suoi. Per ora mi fermo qui, ma presto mi rifarò vivo per dire ancora quello che penso.

Mi auguro fortemente che qualcuno intervenga in questa discussione, come ho fatto io.

A presto.

P.S. domanda rivolta agli informatici: perchè salta le righe da solo, senza che io lo voglia?

qualche spunto ...

Caro Tomi, il tuo malessere e le questioni che poni con tanta passione meritano molta attenzione e rispetto.
Credo in certo senso siano l'altra faccia di una medaglia che di norma (semplificando in uno slogan) dice così: "Baldi giovani, tiratevi su le maniche e buttatevi a capofitto nella nuova economia di mercato del lavoro. Se sarete bravi e furbi, potrete vincere la vostra competizione!".
Questa impostazione, per certi aspetti ineludibile e con alcuni punti forti, lascia al contempo aperti alcuni interrogativi.

Vado a braccio, in ordine sparso, per come mi vengono alla mente ...

  1. Fino a che punto è corretto sospingere i ragazzi a studiare fino a 25, 30 anni e oltre (considerando tutti i master e le varie specializzazioni post-laurea, sempre più caldeggiate come indispensabili per potersi presentare pienamente qualificati sul mercato del lavoro...), per poi offrire loro contratti d'ingresso spesso precari e condizioni salariali-contrattuali risicate ?
  2. Fino a che punto è corretto rimandare tutto all'intraprendenza del singolo (l'attuale "mito" del libero professionista), oppure ad un'economia d'impresa con leve strutturalmente in mano alla parte forte, con ciò riducendo sempre più stipendi e tutele per le parti più deboli (quali tipicamente sono i neo-assunti) ?
  3. Fino a che punto è corretto alzare (sempre strutturalmente!) la soglia della "competizione per la competizione", intesa come una competizione fondata non tanto e non solo sul merito (competenza, professionalità, serietà, impegno, etc.) quanto poi anche sulla grinta, la capacità di muoversi e di "sopravvivere", la capacità di intessere relazioni che diano vantaggi, etc. Non è che poi questa competizione un po' selvaggia e deregolata rischi di tagliar fuori risorse valide, preparate, ma meno portate ad una arena da "combattimento" ? E non è che questo poi instilli nei giovani una ridotta sensibilità morale, una minor attenzione a valori forti come la solidarietà, la cura sociale e il reciproco sostegno?
  4. Fino a che punto è corretto caldeggiare spazi di inserimento lavorativo senza limite geografico, verso un mercato del lavoro teoricamente esteso all'Europa e al mondo, con un conseguente impoverimento del tessuto familiare, sociale, relazionale ? Precarietà dunque non solo lavorativa ma anche abitativa, e poi alla fine anche relazionale e affettiva ?

Ovviamente si potrebbe proseguire... ma per ora mi fermo a questi primi spunti buttati sul tappeto, che se da un lato pongono alla nostra attenzione un modello che ha una sua necessarietà e validità di fondo, d'altro lato a mio avviso ne evidenziano punti di caduta e di forte malessere, quando equilibrio e senso del limite vengono meno.

Il disagio che tu manifesti, Tomi, mi pare il disagio di chi ha la sensazione che il proprio futuro non è solo da costruire ma anche e proprio da inventare. Tieni conto però che in questi casi poi spesso la realtà è migliore dei propri timori!

Tanti altri sono i fronti legati al fenomeno "bamboccioni" che ci provocano: ad esempio l'atteggiamento delle famiglie, l'atteggiamento dei giovani stessi, le politiche sociali, le politiche del consumo-a-tutti-i-costi, etc.etc. ... e ben venga un confronto aperto con altre realtà extra-italiane per allargare lo spazio della nostra visione e riflessione !

Alla prossima !!!

 

Ciao Leo, finalmente ti

Ciao Leo, finalmente ti posso rispondere perché ho un po' di tempo. Più passa il tempo e più mi convinco del fatto che lo studio è una trappola, che magari ti garantisce qualcosa per il domani (ma non è detto), ma intanto ti fa arrivare ad un età adulta senza che tu abbia la possibilità di avere una vita tua. Adesso sono più che mai vicino alla laurea, ma mi auguro di non dovermi pentire un giorno di aver studiato. Sai che cosa dico? Se avessi fatto una scuola superiore che prepara al mondo del lavoro e poi fossi andato a lavorare, forse ora non sarei più un bamboccione, e non sentirei la rabbia e la frustrazione che invece mi opprimono. E' spiacevole doverlo dire, anche perché nello studio sono riuscito bene, ma la realtà è questa. Comunque ormai non è il caso di fare delle recriminazioni inutili. Io dico che le cose che veramente contano nella vita non sono che due: avere una vita mia, ossia guadagnarmi la vita, e avere una vita relazionale soddisfacente. E' inutile che uno abbia la seconda senza la prima. E sono pure d'accordo sul fatto che una mobilità eccessiva diviene dannosa; molti dicono che all'estero le condizioni lavorative sono migliori: sarà anche vero (ma lo è?), ma perché uno deve per forza andarsene, anche se sta bene dove è nato? per il momento concludo qui il mio intervento, perché non mi viene da dire altro, ma per me la questione è ben lontana dall'essere esaurita.

help

In merito al tuo quesito tecnico ("P.S. domanda rivolta agli informatici: perchè salta le righe da solo, senza che io lo voglia?"), puoi cliccare qui.

Rimando invece ad un prossimo momento, con qualche minuto a disposizione, un approfondimento sugli importanti temi che hai messo sul tappeto in merito ai cosiddetti "bamboccioni"...

un confronto aperto

La questione merita la massima attenzione, anche e forse soprattutto da parte dei genitori. Per il momento spero di riuscire o procurare una occasione, che credo preziosa, di confronto proprio attraverso il sito. Ci sono dei nostri amici di S. Egidio che lavorano e vivono, anche con le famiglie e numerosi figli rispettivamente e Birmingham, Londra e Valencia da anni, ma a Natale, a Pasqua e d'estate ritornano a Mantova. Quando ci incontriamo parliamo delle differenze tra le loro e la nostra esperienza, anche in campo lavorativo e tra giovani. Se riesco a incontrarli durante le feste natalizie propongo loro di iscriversi al sito e di entrare in dialogo con noi (posso ottenere la cosa proponendola come penitenza della confessione...) , magari rispondendo alle domande che nel frattempo potete pubblicare sul sito. Sono certo che ci stimoleranno e ci arricchiranno.

Sono molto favorevole a

Sono molto favorevole a questa iniziativa di ascoltare i nostri amici della parrocchia che si sono sistemati all'estero, però vorrei proporre, se fosse possibile, un incontro diretto. Non si potrebbe, anche durante le vacanze, in qualsiasi momento sia possibile, organizzare una serata di incontro con queste persone? Verrei molto volentieri, e credo sarebbe un'occasione utile anche per confrontare la nostra realtà con realtà diverse, qualche spunto può sempre saltar fuori. Come avrete capito, questo tema mi è particolarmente caro. Fatemi sapere. Colgo l'occasione per augurare a tutti un buon Natale.

ci provo

Raccolgo il suggerimento e mi impegno a fare un tentativo serio. Non sono sicuro di riuscirci in quanto queste persone ritornano per stare qualche giorno con le famiglie di origine.  Se qualcosa è possibile fare, partiranno subito gli inviti, ciao a te e a chiunque legge e soprattutto interviene.

i giovani? contradditori

 Hai lanciato subito un bel dibattito Leo! Infatti penso che molti ricorderanno la provocazione lanciata dal ministro dell'Economia che in quel suo «Mandiamo i bamboccioni fuori di casa» ha fotografato uno spaccato dell'Italia degli ultimi anni.
Io penso fondamentalmente che nei giovani ci sia una contraddizione di fondo visto che, da una parte, chiedono l’indipendenza dai genitori e dall’altra hanno paura a “lanciarsi” nella vita e uscire dal rifugio familiare.
E' altrsì vero che la situazione economica, la precarietà del lavoro, la mancanza di risorse per raggiungere l' autosufficienza possono incidere negativamente, ma arriva il momento di svegliarsi e iniziare a responsabilizzarsi. 
Per il momento mi godo il mio status di mantenuto (visto che frequento l'ultimo anno delle superiori), ma con la consapevolezza che un domani, ormai prossimo, sarò proiettato nel mondo del lavoro e inizierò a rendermi conto di cosa vorrà dire sudarsi la pagnotta e crearsi una famiglia.
Ora vi chiedo: la convivenza viene intesa come una fuga dalle responsabilità e come una realtà oggettiva che può minare l'istituto della famiglia, in un certo senso non è lo stesso per la questione "bamboccioni"?non si rischia di "attentare" alla famiglia anche con questa eccessiva paura di vivere la vita e staccarsi dalla protezione familiare?