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Fin quando la vita è Vita?

Il caso di Eluana Englaro, da anni in coma dopo un incidente, il desiderio di suo padre di "lasciarla andare", la sentenza di un tribunale, le varie opinioni di chi si schiera per la vita e chi per la morte quando la vita sembra non avere più senso... tutto ciò rianima un dibattito che in realtà non ha mai fine. 
Qualche giorno fa ho letto sulla Gazzetta di Mantova la lettera al direttore che riporto qui sotto. E conoscendo chi l'ha scritta, sapendo quanta dedizione e amore mette nel suo lavoro di medico geriatra, costantemente a contatto con situazioni "al limite", mi sembra una posizione decisamente interessante anche perchè è il pensiero di una persona che si mette in gioco e vede il problema "dall'interno" . Per questo desidero proporla qui sperando che si apra un dibattito che possa interessare ed arricchire tutti.

 

E’ forse passata troppo inosservata la vicenda di Eluana Englaro, la ragazza in stato vegetativo da 14 anni dopo un incidente d’auto, cui sta per essere applicata la sentenza della Corte d’Appello di Milano che ne sancisce la morte. Questo dramma fa rimbalzare nella mia coscienza tanti pensieri e riflessioni.
Sono medico e geriatra da quasi 30 anni, sono a contatto quotidiano con situazioni esistenziali simili a quella di Eluana, seppur riguardanti prevalentemente persone anziane o comunque adulte.
Due domande forti: è vita questa? Eluana può essere considerata una persona a tutti gli effetti? Dopo anni di accompagnamento e riflessioni le mie risposte sono entrambe positive. Ma a patto di alcuni punti irrinunciabili: considerare la vita come dono indisponibile, e pensare la persona come tale solo se in relazione con gli altri e col mondo. Il caso di Eluana evidenzia proprio la verità di queste due affermazioni. Lei è ancora in vita, respira da sola, si sveglia al mattino, viene messa in carrozzina, alimentata e idratata in modo completo. Riceve carezze, attenzioni, affetto, calore umano. Vive ed è in relazione. Dà vita e relaziona. Solo queste semplici ma fondamentali considerazioni sarebbero più che sufficienti a sottolineare l’assurdità di questa sentenza che rasenta l’omicidio.
E il dramma dei famigliari? Sono certo al primo posto nel mio cuore e nei miei atti. Ma in tanti anni ho capito che la chiave di volta per dar senso a un apparente non-senso è la solidarietà, lo star vicino, l’ascoltare: insomma l’amore operante. Quando i famigliari e ancor più il malato si sentono circondati da un cordone di carità concreta, trasparente, seria, ritrovano entusiasmo, speranza, senso. Le vedo tutti i giorni le infermiere, le operatrici geriatriche, i medici, le fisioterapiste dar senso e trovar senso nel cambiare questi malati, accudirli, preoccuparsi, carezzarli. E soffrire davvero quando vanno ad altra vita. Li vedo tutti i giorni questi malati “estremi” godere del piatto preferito preparato con amore dalla sorella, o rilassare il volto dopo un antidolorifico ben dosato, o vedere il loro volto pieno di salute perché ben nutrito e idratato, o abbozzare un soffio di sorriso per una carezza vera o una battuta carpita nella camera.
Li vedo tutti i giorni, questi famigliari, non depressi, magari stanchi, osservare le sfumature del volto, percepire i soffi del loro respiro, gioire per impercettibili progressi, o preoccuparsi per piccoli disagi del loro caro. Ormai è da tutti gli esperti accettato che la nutrizione, l’idratazione e un nursing intelligente e corretto non sono accanimento terapeutico. Neghereste il latte materno e la dolcezza del corpo della madre ad un neonato? E sapete (come dicono gli ultimi studi) che pure un bambino anencefalo prova emozioni? E perché non dovrebbe provarle Eluana e tanti miei pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer in fase terminale (che può durare anche anni)? Siamo di fronte ad un’eutanasia omissiva, non ci sono dubbi. E lo sapete che la sospensione della nutrizione e dell’idratazione (è dimostrato) procurerà ad Eluana (che fisicamente sta bene) almeno 15 giorni di reale sofferenza fisica? Provate voi a stare un giorno senza bere e 3-4 giorni senza mangiare. Vi sentireste bene?
Credo, come ha ben detto il nostro vescovo Roberto Busti, che ha conosciuto personalmente Eluana e chi la cura con amore e dedizione, che vada rispettato fino in fondo il dolore del padre, ma che sia giusto consegnare la vita di Eluana a chi continua ad amarla. E questo vale per tanti nostri anziani (nella Fondazione Mazzali almeno una decina di persone vive una situazione analoga) cui abbiamo il dovere di dare quello che da soli non sono più in grado di fare e avere: nutrizione, cure, affetto, amore.
Credo che più che essere a disposizione della società la vita interpella la società intera. E tutti dobbiamo intensificare il nostro impegno perché nel bisogno e nella malattia, soprattutto quella più grave, nessuno venga mai lasciato da solo, fino all’ultimo momento della consumazione naturale.

Dott. Renato Bottura

La capacità di AMARE donando sè stessi...

Ecco cosa può venire a mancare in ciascuno di noi. Credo che il futuro dell'Amore e della Vita dell'uomo sia racchiuso nella possibilità delle persone di donarsi reciprocamente senza pretendere di decidere quale sia la vita che val la pena di essere vissuta. Gesù ci ha mostrato che la Fede e l'Amore vanno oltre la morte... Chi crede avrà la vita eterna, chi non crede nella possibilità di amare su questa terra per un tempo che è pur sempre limitato difficilmente potrà credere in qualcosa di eterno per cui valga la pena di sacrificarsi.

Scusate il ritardo, però ho colto l'occasione per dare continuazione alla riflessione sottoponendovi l'articolo di fondo di Avvenire di MER 11 MAR scorso:

 DA BEPPINO ENGLARO A CESARE LIA
 UN’ONORIFICENZA

  PER CHI È PADRE NEL SILENZIO
 
 MARINA CORRADI

 N
ello stesso giorno in cui il Comune di Firenze ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro, il signor Cesare Lia di Tricase, in Puglia, ha ricevuto una lettera dall’Inps. La raccomandata chiedeva, col consueto stile anonimo degli uffici pubblici, notizie urgenti sul reddito della figlia di Cesare, Emanuela Lia, 37 anni; altrimenti, si minacciava, le sarebbe stata sospesa la pensione di invalidità. Ma Emanuela Lia è dal 1993 in stato vegetativo dopo un incidente. Un’altra Eluana, solo che la sua famiglia non chiede che possa morire, ma da sedici anni combatte perché viva.
  La contemporaneità dei due episodi la cittadinanza di Firenze sortita dal voto di una maggioranza risicata e con una spaccatura all’interno del Pd, e la distrattamente spietata lettera dell’Inps - fa pensare. Al padre che ha combattuto perché la figlia in stato vegetativo morisse, un’onorificenza. A quello che con la sua famiglia ogni giorno legge brani di libri a Emanuela, e non la lascia mai sola, l’intimazione di un ente burosaurico, viene da dire, tanto cieca e goffa appare quella raccomandata che pretende il reddito di una donna in coma da 16 anni.

  Non è un caso, questa doppia misura. L’incensamento di Englaro, l’onorificenza, sono l’altra faccia della solitudine e spesso dell’abbandono in cui vengono lasciate in Italia migliaia di famiglie con un malato o handicappato grave in casa. Perché oggi chi vuole 'staccare spine' è funzionale a un certo atteggiamento, e allora va in tv; chi invece con coraggio, e spesso con eroismo, si tiene in casa quel figlio, quella madre, non fa notizia. E per di più è lasciato solo ad affrontare Inps, Asl, Comuni: che scrivono un sacco di raccomandate, tutti gli anni, come ignorando che una donna in stato vegetativo al girare dell’anno non cambia il proprio stato. E allora questa differenza di trattamento suona affronto, per citare un termine usato ieri dall’arcivescovo di Firenze, Betori. Affronto magari bislaccamente distratto, di certo ideologico, a tutti quelli che il loro caro se lo tengono, se lo curano, sacrificando vita e lavoro, semplicemente perché lo amano così, malato com’è.

  Il signor Englaro ha detto di sua figlia in un’intervista: 'Ogni volta che la guardavo, avrei spaccato il mondo per la rabbia. (...) La mia creatura era vittima di violenza inaudita, anche se a toccarla erano le mani delle suore'. E ha condotto fino in fondo la sua battaglia, nel segno della ribellione al destino toccato a sua figlia, e a lui. Ha vinto, a suo modo, ed è diventato un alfiere della libertà - nel senso in cui si intende oggi questa parola. A Firenze l’hanno detto chiaro: Beppe Englaro, in sostanza, è un eroe, o almeno un modello.

  E poi ci sono mille Cesare Lia. Le loro storie restano oscure. Che notizia c’è in una malata immobile nel suo letto e amorevolmente accudita? La notizia taciuta è l’infinita fatica e dedizione, e amore, che mille e mille italiani dedicano ai loro cari. Non riceveranno, dalle loro città, alcuna cittadinanza onoraria. Invece, tanta posta: richieste di certificati, grane, ingiunzioni - la macchina della burocrazia che si inceppa e si accanisce.

  Con l’onoreficenza di Firenze Englaro è un modello, un maestro. E’, quella pergamena, cosa ben diversa dal mostrare solidarietà umana o pietà per la sua drammatica storia. Firenze materializza in una sorta di medaglia al valore il sentire di una parte del Paese: minoranza forse, però rumorosa. Gli altri, i Lia e quelli come lui, militi ignoti di una paziente oscura guerra, che continuino a combattere, perfino con l’Inps, senza riconoscimenti. Quella fatica, quel dolore che non diventa rabbia, non piacciono. L’ordine è: staccare la spina. E questo tempo si sceglie
dunque i suoi eroi.

Ho resistito sino ad oggi

Ho resistito sino ad oggi alla tentazione di dire quello che penso sull’immagine che il ministro Brunetta sta facendo passare dei pubblici dipendenti perché ho ritenuto nemmeno meritevole di un minuto del mio tempo stare ad ascoltare, e men che meno controbattere,  chi “giudica” il  “mio lavoro di dipendente pubblico” senza avere la più pallida idea di che cosa sia.

E ho resistito sino ad oggi anche alla tentazione di esprimere un pensiero sul “caso” Englaro. Troppa confusione, troppa attenzione, troppo parlare, troppa strumentalizzazione, troppo tutto.

Ma due tentazioni (o provocazioni!?!) sono davvero irresistibili, messe insieme, e quindi, complice Sissy che con il suo intervento ha risvegliato la mia dignità professionale, mi sento di condividere queste poche riflessioni.

Non è un caso che un medesimo articolo usi un linguaggio iperbolico per due vicende sulle quali c’è stato e continua ad esserci un approccio esagerato, smisurato, azzarderei dire. Vicende dove si perdono i confini tra ciò che è vero e ciò che non lo è perché “tutti” si sentono titolati a dire la loro (raggiungendo dei picchi di isteria) a proprio uso e consumo. E viene detto tutto ed il contrario di tutto. E’ il khaos. Per me, è tutto confusione, un gran parlare … e, per contro, un gran vuoto. Perché non si può parlare di ciò che non si conosce e di conseguenza credo non sia corretto fare di ogni erba un fascio e spingere e piegare il pensiero della “gente comune” a seguire “luoghi comuni” (gli aggettivi hanno un significato ben diverso, nell’uno e nell’altro caso!!).

Mi pare una strada troppo facile, per i giornalisti (ma non voglio cadere nella generalizzazione, quindi mi sto riferendo al giornalista dell’Avvenire), per sostenere le proprie idee (quelle del proprio gruppo di appartenenza, che dovrebbe essere anche il mio!) e farle passare per quelle “giuste”. Senza appello.

E così cosa c’è di più semplice che offrire in pasto due situazioni (Englaro/Lia) come fossero uguali e comparabili tra loro. Ma io, personalmente, al di là di tutto quello che mi è stato propinato in modo assillante in questi mesi non conosco certo la prima e meno che meno conosco la seconda situazione (provocatoriamente potrei ricordare tutti i casi che costantemente vengono “scoperti” dall’INPS di irregolarità relative a contributi versati a favore di persone morte e percepite dai loro disonesti familiari).

E così cosa di meglio che ricavalcare la “grande tensione”, rintuzzata dalla discutibile scelta degli amministratori fiorentini, attraverso l’assioma per cui “tutta” la Pubblica Amministrazione è fannullona e burosaura e quindi INPS, ASL, Comuni tutti insieme sono appassionatamente fannulloni e burosauri ed ora anche immorali (perché se avessero avuto una coscienza, non avrebbero certo mandato quella “sciagurata missiva”).

Ma chi sa davvero, non per quello che ha sentito dire, che cosa avviene negli uffici pubblici scagli pure la prima pietra. Perché anche qui tutti sanno solo di quello che gli viene raccontato o ricordano solo quello che non ha funzionato, ma nessuno parla mai o ricorda con facilità quello che funziona e sa distinguere tra chi lavora bene, con serietà ed onestà, da chi non fa altrettanto.

I Romeni sanno bene che questa è la “corrente”, oggi. Prima di loro ci sono passati gli Albanesi, e prima ancora i profughi istriani, per non parlare degli Ebrei e degli Zingari. Ma la storia, si sa, non insegna niente a nessuno.  

un intervento sul tema collaterale ...

Rispondo in questa sede, anche se il mio intervento non riguarda il tema centrale (Englaro – Lia) ma quello collaterale, quello che John definisce: ”(…) l’intimazione di un ente burosaurico, viene da dire, tanto cieca e goffa appare quella raccomandata che pretende il reddito di una donna in coma da 16 anni”.

Mi permetto di entrare nel discorso a questo proposito perché, probabilmente, mi sento punta sul vivo, perché quasi quotidianamente, nel mio lavoro, devo inviare a persone o a famiglie le odiose raccomandate e le moleste ingiunzioni;
perché anch’io chiedo e pretendo il reddito della gente comune, che dichiara le proprie difficoltà ad arrivare alla fine del mese;
perché, per garantire la trasparenza della mia attività “burosaurica”, devo fare verifiche, accertamenti, senza guardare in viso i destinatari …. se li guardassi in viso non sarei garante di imparzialità;
perché spesso dalle verifiche emergono anche situazioni di chi, i soldi pubblici, quelli che i cittadini versano con le tasse, gli alloggi pubblici, li ruba con false dichiarazioni a chi ne ha veramente bisogno …

Se la complessità di tutto questo appare evidente all’interno del Comune, a maggior ragione credo lo sia per un’Istituzione di portata sovracomunale, perché il Comune, a volte (e ripeto “a volte”), i suoi cittadini li conosce personalmente mentre un istituto come l’Inps sicuramente non conosce le persone cui invia le proprie raccomandate.
Non voglio difendere a tutti i costi la Pubblica Amministrazione, che difetti ne ha, eccome, che burocrati ne ha, eccome … chiedo però solo di rispettarne la serietà e l’intento di conseguire il bene comune.
Sissi

fin quando la vita è vita? chi può dirlo?

Ho letto con molto interesse le riflessioni del dottor Bottura proposte da Cristina B. Come tutti, credo, o i più, provo dolore pensando alla sofferenza dei genitori di Eluana e fastidio per gli interventi dei politici di qualunque colore e setta. Però mi chiedo se Eluana fosse uno di quei malati estremi di cui il dott. Bottura dice che godono del piatto preferito, rilassano il volto dopo l'antidolorifico, hanno il volto pieno di salute perché ben nutrito e idratato e altro. Dopo avere ascoltato e letto i racconti dolenti e fermi di quel padre io direi proprio di no. Mi fido di quel padre e di tanti altri medici che l'hanno accompagnato e sostenuto. Chi può dire che quel padre non amasse e non rispettasse la propria figlia? Non so se io avrei la sua stessa forza e il suo coraggio in una situazione analoga. Non lo so davvero. Ma certo rispetto, dolorosamente, la sua terribile scelta.

approfondimento

Riporto nel seguito la testimonianza di don Roberto Fiorini già pubblicata sulla Gazzetta di Mantova del 27/02/2009. Ritengo si tratti di un ulteriore contributo utile a integrare la nostra riflessione e il nostro approfondimento su questo tema che ci interpella profondamente. 


Io sacerdote, che da anni assisto mio padre, vi dico...

Sembra che tra Vaticano e governo italiano ci sia "identità di vedute" sulla legge in cantiere che riguarda il testamento biologico.

Questo traspare dalle dichiarazioni del presidente Berlusconi al termine della festa con le più alte cariche vaticane e della Cei per commemorare gli 80 anni del Concordato: "Assoluta identità di vedute - dichiara Berlusconi - da parte di tutti i rappresentanti della Santa Sede: c'è un riconoscimento entusiasta che mai si era verificato un clima come quello attuale, con la soluzione di praticamente tutti i problemi".

Va bene la legge sul testamento biologico, a patto che escluda l'autodeterminazione del paziente. Ma che senso ha un testamento al quale viene sottratta al testante qualunque possibilità di scelta vera su quello che garantisce l'art. 32 della Costituzione, ovvero il principio del consenso come elemento coessenziale al diritto alla salute?

Togliere l'autodeterminazione vuol dire che un trattamento può esser imposto contro la volontà dell'interessato o di chi lo rappresenta. Imposto anche con la forza. Analogamente a quanto avviene con i malati psichiatrici in fase acuta, quando è previsto il trattamento sanitario obbligatorio. 
Naturalmente la risposta pronta, cavata dal cilindro, è che in questo caso si tratterebbe solo di fornire alimentazione e idratazione: quindi non sarebbe un trattamento sanitario, ma una somministrazione "naturale", come è naturale mangiare e bere. Ovviamente si tace che attraverso il sondino o la PEG, si fanno passare notevoli quantità di farmaci, in rapporto alle patologie da curare. E si finge di ignorare che il sondino deve essere periodicamente cambiato, togliendo quello invecchiato che si sta ostruendo e impiantandone uno nuovo, attraverso procedimenti che non hanno proprio nulla di naturale e che devono esser attuati da un medico esperto o da un infermiere preparato e sotto controllo medico.

Da oltre 7 anni a casa mia assisto mio padre con sondino a permanenza e so bene cosa questo significa. Io stesso, che sono infermiere, dipendo dal buon cuore di un mio amico medico che viene da Verona quando occorre sostituire il sondino invecchiato. E so bene la fibrillazione che ti prende quando il sondino si ostruisce e devi a ogni costo farlo diventare pervio, perché è l'unica via, una via artificiale, per introdurre le sostanze. Mi sembra davvero osceno giocare in questo modo con le parole, manipolarle per aggirare la Costituzione che prevede sempre il consenso informato e libero per i trattamenti sanitari.

Aggiungo una cosa importante, soprattutto per chi è interessato al pensiero della Chiesa. L'impostazione del problema sul testamento biologico come viene presentato in Italia dai vertici vaticani e della Cei è ampiamente divergente rispetto a quanto elaborato nella vicina Germania. 
Le chiese cattolica e protestanti insieme, nei loro vertici istituzionali (card. Karl Lehman, presidente della Conferenza episcopale tedesca, cattolico, e Manfred Kock, presidente delle Chiese Evangeliche in Germania) nel 2003 hanno pubblicato un secondo documento che rivedeva il precedente del 1999, nel quale si dice: "Le vostre Chiese offrono a voi, loro membri, e a tutti coloro che sono attivi nel campo della sanità, un'assistenza pastorale. Questo vale in modo particolare per decisioni gravi sul finire della vita. Nulla deve rimanere intentato per rendere possibili alle persone una vita in pace, dignità e autodeterminazione fino al giungere della morte". Si propone, inoltre, un formulario con l'invito a esprimere le disposizioni assistenziali-sanitarie del paziente cristiano: "Per il caso in cui io non possa dare forma o esternare la mia volontà, dispongo quanto segue: non mi possono essere messe in atto misure intese a prolungare la vita se viene constatato, secondo scienza e coscienza medica, che ogni provvedimento per il prolungamento della mia vita è privo di prospettiva di miglioramento clinico e solo ritarderebbe la mia morte.

In questo caso assistenza e trattamenti medici, come anche cure premurose, devono essere diretti al lenimento delle conseguenze del male, come dolori, agitazione, ansia, insufficienza respiratoria o nausea, anche se la necessaria terapia del dolore non esclude un accorciamento della vita. Io voglio morire con dignità e in pace, per quanto possibile vicino e a contatto dei miei congiunti e delle persone che mi sono prossime e nel mio ambiente familiare. Desidero assistenza spirituale. La mia confessione è..."

Segue poi la parte in cui il firmatario indica la persona di fiducia alla quale attribuisce la procura.
Questa posizione non è una stranezza tedesca, ma è in linea con quanto il catechismo della Chiesa cattolica afferma al paragrafo 2278, dove, a proposito dell'interruzione di procedure mediche si afferma: "Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente". Proprio perché il baricentro della decisione riposa sul singolo paziente, naturalmente in alleanza con le competenze mediche, è ovvio che da situazioni analoghe possano scaturire opzioni diverse. In tutti i casi, l'amputazione più crudele a cui può venire assoggettata una persona è quella di procedere sul suo corpo prescindendo o opponendosi alla sua facoltà di decidere sul proprio destino. 

Richiamo il recente documento della Società italiana di Cure Palliative che, riferendosi al disegno di legge afferma che esso "ci imporrebbe, in ambito palliativo, di attuare pratiche contrarie al bene dei pazienti" e conclude con un appello: "Chiediamo alla politica di ripensare il suo ruolo e di fermarsi di fronte a una decisione che potrebbe avere ricadute concrete e dolorose sulla fine, naturale e faticosa, di tante persone come conseguenza di malattie per cui purtroppo non c'è guarigione, ma per cui rimane possibile un percorso di cura che sappia dare un senso anche agli ultimi giorni".

Don Roberto Fiorini

Ultima mia parola: poi silenzio e preghiera per Eluana

Volevo semplicemente condividere il mio pensiero: cerco di prescindere da tutto il vespaio che si è sollevato per questa triste e dolorosa vicenda. Mi astengo da commentare l'infamia di certe speculazioni di principio da parte dei nostri esimi politici, che hanno fatto leva sulla confusione e il dolore della gente per strappare approvazioni sui grandi dogmi e le manifestazioni di piazza. Vorrei commentare nel rispetto e nel silenzio di una famiglia i cui cuori sono stati straziati per 17 anni nel vedere una figlia, una nipote, un proprio affetto, inerme nel letto. Vorrei esortare tutti quanti a finire di proclamare "Vergogna", perché ora serve il più dignitoso silenzio, il raccoglimento e il rispetto: non siamo su un campo di calcio: nessuno ha vinto. Abbiamo perso una vita umana e la sconfitta del genere umano è stata cocente: abbiamo perso come Paese. Abbiamo ucciso una donna di stenti, dopo che per anni è stata appesa a un filo: ma un filo elettrico che la collegava alle macchine: ad un elettrocaridogramma irreversibilmente piatto con qualche piccolo sussulto. Comunque una persona, desiderosa di cure e amore. Forse era il destino di Eluana quello di passare alle cure specialissime del nostro Signore dopo 17 anni di vane speranze, ma l'abbiamo lasciata andare privandola della dignità che finora lei e i suoi familiari avevano portato in viso. Ce la siamo giocata al lotto, in un tumulto di voci insensate e urlanti e assolutamente avulse dalla realtà di quei cuori di gente comune. Dovremmo gridare "vergogna!" a noi stessi e al nostro Paese ma poi subito tacere e pregare il Signore per ringraziarlo di quella luce che ogni mattina vediamo lambirci il viso, perché Eluana l'ha potuta solo sognare. Rispetto per favore. Grazie a Isa, grazie a Eleonora e grazie a Marco per i loro interventi: la vita è il dono più prezioso che abbiamo dal Signore, ma dobbiamo saper accettare il nostro declino con dignità, così come la malattia e la morte perchè, come la nascita è un dono divino su cui non possiamo intervenire, così è anche la morte: non possiamo nè anticiparla nè posticiparla (ovviamente in casi terminali e drammatici come questo) perché non ne abbiamo il potere. grazie per la pazienza e scusate se mi sono scaldato, ora, coerentemente, taccio e prego. Cesare

fin quando la vita è vita?

Un grazie a Cristina B. per avermi dato l'opportunità di leggere l'articolo del dott. Bottura ed anche a Cesare43, a MarcoB, a Eleonora, a Leo per le loro riflessioni. Dopo tante discussioni sulla stampa e alla tv, le vostre parole mi hanno dato serenità e conforto.

Isa

 

ricordo e speranza

Mi hanno coinvolto le parole del Dott. Bottura e rileggendole ho ripensato ai tanti anni in cui la mia nonna è stata in quella  triste situazione con l'Alzheimer.

Trovo molto triste che Eluana sia stata uccisa e spero che si formi sempre di più nella coscienza delle persone la volontà ed un impegno sociale tale da saper  dare amore  e sostegno ai malati ed ai loro cari.

Buonasera a

Buonasera a tutti (finalmente partecipo anch'io alle interessantissime discussioni della nostra parrocchia)

Questo thread mi offre lo spunto, se non fosse già stato fatto e in tal caso mi scuso, per chiedere un parere a tutti, soprattutto al Don, in merito al tema del valore della vita.

Tanti si stanno abbarbicando al lettino di Eluana e io non so dove sono, non so se sono aggrappata a quel lettino o meno, con tutti loro. Ma so di certo che il mio essere cattolica non mi sta aiutando: non sono al corrente di abrogazioni o quant'altro e chiedo conferma della correttezza di ciò che scrivo, ma nel catechismo, all'art. 2267, si legge:

"L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte."

Qual è la differenza di valore fra la vita di Eluana e quella di un criminale?Sapevo che saremmo stati giudicati in "Altra Sede", non di certo qui. Sapevo che Qualcuno era stato ben più misericordioso circa 2000 anni fa, con i reietti.

Sapevo che la vita era, appunto, vita sempre. Sempre un dono da salvaguardare.

Spero che si apra un utile dibattito.

Un caro saluto a tutti!

Il dono della libertà

In questi giorni ho sentito parlare di libertà della persona in relazione alla vita e alla morte e mi sono posta alcune domande.E' libera una donna che per non rinunciare ad una vacanza alle Maldive decide di abortire?E' libero il bambino che non nasce? E' libertà scegliere il momento di porre fine alla propria vita?Credo che la libertà sia un grande dono di Dio che ci da la facoltà di scegliere sempre il bene, mai il male, anche a costo di sacrifici.

il valore di una vita

Cara Eleonora, prima di tutto ciao e ben trovata.

Raccolgo il tuo punto di vista, l'amarezza e anche la fatica nel destreggiarsi in situazioni tanto delicate: da un lato il lettino di una ragazza in una situazione di vita da anni al limite, dall'altro lato l'ipotetica liceità di una pena che decreta la morte, e con la morte la fine di ogni umana possibilità di redenzione e pentimento. Poni sul tappeto queste due situazioni percependone la contraddittorietà, come non fosse più possibile ridurre a unità la vita umana, e dunque impegnarsi comunque per dargli dignità, sostenerla e salvarla sempre. 

Non ho risposte, e d'altronde tanti altri casi sinceramente interpellano... situazioni in cui la vita sembra valutata con regole che la nostra coscienza fatica a capire: situazioni di guerra, situazioni di indigenza profonda, di sofferenza senza fine... dal letto di agonia di un malato terminale via via a ritroso, idealmente, sino all'embrione o al seme appena fecondato e non riconosciuto. 

Non ho risposte, solo mi piacerebbe uscire dalla propaganda e dall'ideologia di ogni segno. Come pure, pur rispettandone la necessità e la serietà, da valutazioni strettamente tecniche e giuridiche. Perchè sono convinto ci sia uno spazio dove ciascuno può leggere tutte queste situazioni, e tutte insieme, alla luce della coscienza illuminata dalle più belle parole evangeliche e dal buon insegnamento della Chiesa. Grazie a questa luce, certo da ricercare, ciascuno può e dovrebbe accostarsi con grande rispetto alle persone e alle loro storie individuali, prima di tutto per accoglierle. Dopo aver accolto ogni storia credo sia possibile esprimere una parola che unisce, parola di amore, di fiducia, di coraggio. Perchè il dolore, lo sconforto, il peccato, anche la paura o magari l'odio possono sempre lasciare spazio al calore di una fiducia che, nella solidarietà, può dare forza. E forse allora, insieme, diventa possibile riconoscere il valore di una vita anche dove, per infiniti motivi, sembrerebbe tanto difficile vederla...

Ciao a tutti. Essendo molto

Ciao a tutti. Essendo molto preso dal lavoro, ho poco tempo per guardare il sito e scrivere, come facevo un tempo, ma avendo oggi un po' di tempo libero ho potuto leggere il dibattito sul caso di Eluana. Vorrei fare una domanda: cosa direste in cuor vostro se sapeste che il vostro destino è quello di finire ammalati terminali a causa di un incidente, o di qualsiasi altro fatto, e di restare così per anni, per decenni prima di morire? Io francamente credo che preferirei senza dubbio morire subito. E' una cosa spietata che un essere umano sia costretto a condurre una simile esistenza per anni, io non posso pensarci. E' un danno per la persona stessa in primis, ma anche per chi gli sta attorno, costretto a vedere un prorpio caro in stato vegetativo. Perciò ben comprendo il dolore del padre, e il suo desiderio che cessasse quello che era un  calvario per la figlia e anche per lui. Io stesso ho conosciuto un caso simile, una persona che è rimasta in stato vegetativo per lungo tempo (non tanto quanto Eluana, ma in queste situazioni il tempo è sempre troppo lungo), ed è deceduta di recente. Quest'estate sono anche andato a trovare questa persona, e nel vedere in che condizioni era non so descrivere quello che ho provato, mentre una volta saputo che era morta ho avvertito sì il dispiacere per la sua morte, ma anche un certo senso di giustizia nel pensare che le sue disumane e immeritate sofferenze erano finalmente cessate. Proprio perchè rispetto la vita trovo disumano che una persona conduca una simile esistenza per anni, e ritengo la morte meno disumana. Questo almeno ciò che mi auguro nel caso anche a me dovesse capitare una simile disgrazia.

Grazie per la vostra attenzione