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Società e violenza

Polli all’ingrasso

L’aria che respiriamo fa’ male... e non parlo dell’inquinamento atmosferico della nostra piccola città. Parlo piuttosto del clima in cui siamo immersi, che ci sta progressivamente cambiando in una maniera profonda. Forse irrevocabile.
Certi cambiamenti sono talmente eclatanti che è impossibile non restarne colpiti, quasi impressionati!! 
Sono stato bambino e adolescente in un’epoca dove c’erano le ultime tracce di una società un po’ diversa: ho respirato il gusto per l’aggregazione, il dialogo, il confronto, la passione, la fede, la famiglia, l’impegno, la tensione sociale, anche le ideologie. Ho respirato istanze, provocazioni, ribellioni... buone o cattive che fossero, a questo punto non è troppo importante: l’importante è che ci fossero e costituissero motivo diffuso di adesione, di confronto, talora di conflitto ma sempre e comunque di ricerca di senso.

Gli ultimi 25 anni ci hanno cambiato molto.
Oggi abbiamo tutto e il contrario di tutto... oggetti, cose... ma poi mi guardo intorno e vedo soprattutto tanto vuoto. Tutt’al più riempito da lamentazioni: ci si lamenta di non riuscire a tirare il fine mese e poi scopri che davvero in tanti hanno tre macchine, sei cellulari e ritengono irrinuncibile la sacrosanta settimana di vacanze alle Seychelles.

Guardo ai giovani, esibiti in TV come più che mai aperti, evoluti, preparati, privi di preconcetti... e li trovo invece tanto freddi, bloccati, privi di intraprendenza: come se la vacuità dei diecimila SMS “tvtb” giornalieri avesse sopito voglia e capacità di esprimersi, di coinvolgersi, di essere protagonisti, traino e motore di un qualche cambiamento in una qualsivoglia direzione. Se ne stanno come appiattiti lungo i muri, soli, silenziosi e quasi timorosi... noi adulti stiamo fallendo, incapaci di trasmettere ai nostri figli quel piccolo, umile e prezioso seme di buon senso, di passione, di fede, di verità che a nostro tempo abbiamo ricevuto in dono dalle mani dei nostri genitori e nonni. Incupiti e rinstupiditi da un’immagine del tempo presente che prendiamo per buona, acriticamente, dai media. Ripiegati e incapaci di nuove passioni, di nuovi sogni, di una nuova determinazione. E totalmente refrattari ad ogni incontro e confronto per provare a cogliere, a leggere, a interpretare questo nostro tempo. Polli all’ingrasso di un sistema economico/politico isterico che nel frattempo si sta sfaldando sotto i nostri piedi.

Sarebbe bello, se non doveroso, riappropriarci del sacrosanto diritto/dovere di essere pienamente cittadini, uomini o donne, atei o credenti! Esseri pensanti e senzienti. O almeno provarci! Evitando di abdicare rimanendo prigionieri delle nostre case e del nostro lavoro, schiavi di pensieri altrui, interpreti dell’unico ruolo assegnatoci, quello di “consumatori“ di ogni genere di beni materiali e immateriali gettati ad arte su quella grande bancarella che è il nostro mondo di oggi. Consumatori preoccupati di tirar sera per potersi abbandonare sul divano, con la TV accesa, la voglia di chiudere in fretta la giornata e il pensiero al prossimo week-end, al cellulare, al portatile supersottile, al SUV sette posti, alla scuola internazionale per il figlio, alla prossima finale di Champions.

Perchè poi la cosa davvero triste è che anche i nostri figli stanno crescendo così: poco pensiero, poco incontro, poco confronto, poca tempra, poco coraggio, pochi sogni, poche passioni, poca fede...

Pena di morte

Vorrei offrire un nuovo spunto di riflessione, e se possibile alimentare un nuovo dibattito. La pena di morte va abolita oppure no? Personalmente, quando ero bambino ero a favore, ma crescendo le mie posizioni si sono un po' ammorbidite. Tuttavia, il dubbio su cosa sia giusto fare di fronte a certi delitti rimane. Perché questa è una delle mie più salde certezze, che un uomo per essere uomo, e quindi degno a tutti gli effetti di questo nome, non deve semplicemente esistere, ma deve anche adeguarsi ai comportamenti che lo rendono tale. Chi uccide bambini innocenti (ad esempio si pensi al piccolo Tommy di Parma), non solo fisicamente, ma anche psicologicamente, torturandoli o sfruttandoli, economicamente o sessualmente, a mio parere, se consapevole dei suoi atti, non è più degno di essere chiamato col nome di uomo. Lo stesso vale per tutti coloro che commettono o hanno commesso delitti orrendi, distruggendo altri esseri umani in modo atroce. Se volete un esempio concreto, il primo che mi viene in mente riguarda i nazisti; potrebbe sembrare anacronostico, ma io guardo l'aspetto nel suo insieme, a prescindere da luoghi o tempi, e in ogni caso da quel periodo storico non sono passati ancora 70 anni, e quindi alcuni nazisti sono ancora in vita. Detto questo, la questione della pena di morte è collegata con una duplice e contrastante esigenza: da un lato ogni essere umano ha diritto inviolabile alla vita, e questa va sempre difesa e protetta; d'altra parte, chi si macchia di certi delitti, quelli più aberranti, perde per sempre quella dignità connaturata nell'essere umano, quella che ci distingue dagli animali feroci o dagli oggetti inanimati. E allora, è giusta la pena di morte o la detenzione a vita? Francamente confesso che di fronte a certi misfatti provo ancora la tentazione di optare per la prima alternativa, pur riconoscendo il valore sacro della vita degli esseri umani. Sottolineo che quando parlo di delitti atroci non mi riferisco all'omicidio in senso assoluto: c'è modo e modo di uccidere, si può ammazzare un'altra persona senza farla soffrire o torturandola, inoltre non è secondo me da valutare allo stesso modo chi uccide in seguito a qualche fatto di particolare gravità o per motivi del tutto futili. Ogni delitto è un delitto, e va trattato e punito come tale, ma il dubbio sulla pena di morte rimane solo per quelli più efferati, e più gratuiti. Tocca ora a voi esprimere i vostri dubbi in merito.

legalità e giustizia

In questi giorni di caos politico può essere ugualmente interessante questa narrazione a margine di un incontro svoltosi a Parma con il giudice Colombo. Il giudice è stato invitato a Mantova il 19 giugno 2008. 

 

Maurizio Chierici: La solitudine dei non raccomandati

Ci guardiamo in silenzio come profughi nella stiva di una nave. I nomi non importa, sappiamo chi siamo: siamo tutti non raccomandati. Se avessimo avuto la tentazione di supplicare o ricattare, sussurri al telefono, pubblici inchini, non ci saremmo raccolti nella sala del Teatro Due di Parma per ascoltare Gherardo Colombo in questi giorni particolari. Colombo analizza l’evoluzione sociale della < Cultura delle regole >. Ha lasciato la toga col pessimismo di chi non vede nel futuro prossimo di un magistrato la possibilità di applicare senza scalare le montagne russe i comandamenti che la costituzione garantisce e che le Nazioni Unite annunciano. Alla fine si è arreso. La buona volontà di pochi finisce in niente se la maggioranza dei cittadini sceglie la sregotalezza come cardine della convivenza lasciandosi incantare dai tamburi dei leader sregolati.
Colombo ha deciso di ricominciare dall’alfabeto del vivere civile; la vocazione alla giustizia è diventata pedagogica. Aveva lasciato la Milano dei processi di fuoco; ha lasciato la Cassazione. Gira l’ Italia con le sue lezioni, due o tre la settimana fino al prossimo autunno.
Università ed incontri pubblici, lezione programmata tempo fa. Il destino l’ha fatta scivolare nei giorni del caos. Gli ascoltatori arrivano stremati dalle voci che immalinconisco la normalità nella quale tutti vorremmo rifugiarci.

Invece ogni ora delusione aumenta: signora Mastella agli arresti domiciliari mentre il marito, ministro della giustizia, bombarda i magistrati responsabili della retata in famiglia. Le sue mani tornano libere; il governo può tremare.
Ecco che Silvio Berlusconi ( a giudizio: sregolatezza ragazze-Rai ) annuncia di voler tornare a Palazzo Chigi per salvare l’ Italia dalle barbarie dei magistrati. Che sono sempre <certi magistrati>, per caso sempre sventurati incaricati di controllare le carte dei giganti o dei nani politici proclamati intoccabili dai loro clan. E poi l’applauso travolgente di palazzo Madama mai tanto unito nell’assoluzione. E poi Cuffaro condannato a cinque anni di galera eppure contento come un bambino promosso a ottobre: aiutare un mafioso non vuol dire legami con la mafia organizzata. Prende esempio dalla signora Mastella: non abbandonerà la poltrona. Il posto è mio. La gente mi vota. Al tribunale degli elettori il giudizio finale. E le ragazze che lo baciano e Casini che si complimenta. E poi l’allarme subliminale che i giornali distribuiscono quando scelgono lo stesso titolo per la prima pagina. <Così fan tutti>. Uniformità che ricorda lo scoppio di una guerra. Intanto le immondizie di Napoli sono sempre lì. Ruini beato fra gli atei devoti esulta per i 200 mila fedeli arrivati in piazza San Pietro. Questa la settimana degli spiriti confusi. Con un filo che riconduce ogni dissapore alla sanità. Per caso si gira sempre attorno alla salute della gente, grande industria nell’Italia mediterranea, ma non solo.
Cuffaro è medico e governa la Sicilia; il sindaco di Catania ha in cura Berlusconi, Fortugno è stato ucciso mentre scavava negli intrighi di una Ausl calabrese. Anche noi giornalisti abbiamo le nostre colpe: non abbiamo capito quando bisognava capire. Trent’anni fa i nostri libri e le nostre inchieste portavano alla luce il legame baronale che eternava il potere delle stesse famiglie nelle corsie degli ospedali. A Torino il grande Dogliotti passava il bisturi al professor Morino marito della figlia. Morino aveva 28 anni ed eredita la cattedra del maestro schiacciando ogni concorrente. Non è un esempio clamoroso, solo la prassi accettata in silenzio dagli esclusi i quali speravano che la riforma sanitaria guidata dagli eletti dal popolo finalmente tenesse conto in meriti e non solo le raccomandazioni. Ma il familismo politico era in agguato e la politica non solo lo ha moltiplicato ma ha aggregato appalti ed altri affari. Trent’anni dopo il bilancio scende ogni mattina dai giornali: dalla mala sanità allo spintone dell’onorevole. Con passaggi epocali nell’industria farmaceutica. Come mai i prezzi delle medicine italiane a volte raddoppiano i prezzi delle farmacie francesi ? Sul servizio farmaceutico nazionale ha governato per anni il professor Duilio Poggiolini. Storia dell’altro secolo che continua nel terzo millennio: tangenti e amicizie avvolte nella P2.
Quando arriva la polizia scopre 39 miliardi di lire nascosti in banche compiacenti, e gli strapuntini del salotto imbottiti di diamanti.
Scandalo, ma i prezzi non cambiano. Poggiolini era amico del professor Francesco de Lorenzo, liberale di grande famiglia napoletana: ministro dell’ambiente e della sanità, 7 anni e mezzo a Poggio Reale. La mano dei giudici era sembrata criminale: una così brava persona… Francesco aveva un padre, Fernando de Lorenzo, tessera P2. Presiedeva l’ente nazionale previdenza e assistenza. Coi soldi dell’ente ha comprato due hotel a Segrate e centinaia di appartamenti: indovinate da chi ? Ha affidato la gestione del teatro Manzoni all’astro nascente dello spettacolo: Silvio Berlusconi, naturalmente P2.
Il familismo amorale nella società mediterranea ispira il saggio del sociologo americano Edward Balnfield, pubblicato dal Mulino a cura di Domenico De Masi. <Il familismo è responsabile dell’inaffidabilità civile di una certa Italia >. Italia anni ’70, venerabile Gelli in agguato. Ascoltando le voci di questi giorni si ha l’impressione che il suo piano Rinascita sia tutt’altro che superato.
Decalogo P2: la magistratura deve essere subordinata al potere politico. Abolizione del ruolo centrale della Rai. Tv via cavo impiantata a catena, ogni casa di ogni città, in modo da controllare la pubblica opinione nel vivo del paese.
Immagino l’impazienza dei reduci P2 nel riascoltare gli antichi comandamenti: ancora quella vecchia storia ! Ma è davvero vecchia ? Gli spettatori accorsi ad ascoltare la lezione di Colombo non hanno questa impressione.
Colombo apre il microfono e dialoga con Andrea Porcheddu, critico teatrale. Comincia evocando Antigone: 2500 anni fa Sofocle la incarna nel dissidio tra leggi morali non scritte ma eterne, e le leggi del sovrano, dogmatiche nell’interpretare le abitudini del potere.
Quand’è che una norma viene riconosciuta iniqua ? Ciascuno di noi – risponde Colombo – non importa dove è nato, non importa come arriva, ha lo stesso diritto al lavoro, allo studio all’assistenza e alla dignità civile. Non può essere scavalcato perché privo di amicizie. La legge è giusta quando non rompe l’uguaglianza tra cittadini attribuendo a tutti le stesse opportunità. Ma se ne tollera la diversità può diventare iniqua. Purtroppo le nostre società sono organizzate in piramidi gerarchiche. C’è chi comanda ed ha solo diritti; man mano si scende, alla base della piramide restano solo i doveri. La legge è giusta se impedisce le sperequazioni eppure ogni legge può essere ritorta da furbi, potenti, ricchi, magari anche intelligenti, appollaiati al vertice.
I pensieri della gente che lo ascolta improvvisamente ondeggiano tra Parma e la Milano della signora Moratti. Un’assonanza. Per ristabilire il diritto previsto dalla legge italiana che ha ratificato la decisione Onu, l’Unicef, Cgil, Partito Democratico ed ogni sinistra che non accetta soprusi, hanno difeso con la protesta i figli degli emigranti clandestini.
Don Luciano Scaccaglia si è infuriato dall’altare perché un assessore sudafricano ( Sudafrica prima di Mandela ) della giunta comunale della città aveva proibito gli asili nido agli ultimi degli ultimi. E l’assessore si è dovuto arrendere. Questa volta le piramidi provinciali non ce l’hanno fatta. La gente non ha dimenticato la lezione amorosa di Mario Tommasini: per primo ha permesso a Franco Basaglia di liberare i sepolti vivi dai manicomi. E ha chiuso i brefotrofi restituendo ad una vita familiare i piccoli dispersi nei lager della carità di mezza Italia. Più di mille senza nome; li ha affidati a famiglie generose che hanno accettato un figlio in più anche se negli anni cinquanta il pane era contato. Possibile che cinquant’anni dopo la zona grigia di una città ricca si sia talmente ingrigita da accogliere con indifferenza il progetto apartheid ? La maggioranza silenziosa non ha aperto bocca; altri lo hanno fatto, per fortuna. E la giunta si è arresa.
Colombo non segue la curiosità di chi ha voglia di spostare la sua analisi sulle cronache vicine e lontane. Non crede nello scollamento tra cittadini e istituzioni ma nello scollamento tra i cittadini e le leggi. Sono i cittadini a scegliere i politici che sentono vicini al cuore. Ricorda come nel passato appena passato ogni due anni venisse concesso il condono a centinaia di migliaia di contribuenti che avevano imbrogliato. Capitali all’estero, guadagni nascosti alle tasse, affari mascherarti nei labirinti di fiduciarie in maschera nei paradisi fiscali. Ecco perché queste persone fanno riferimento alla gerarchia più che alle norme da seguire. E la gerarchia si incarica di rappresentarli ammorbidendo il fastidio delle norme. La costituzione precisa che siamo un popolo di uguali con regole comuni, ma la comodità di farsi coprire le spalle, o spalancare le ambizioni, può travolgere l’equità codificata. Ed è lo spazio di scontro tra chi ha il dovere di applicare sanzioni ai trasgressori della legge, e i vertici delle piramidi che difendono il diritto di non osservare le leggi in certe circostanze.
Bisogna dire che i non raccomandati raccolti in teatro speravano in parole più dure. Nei giorni dello sfascio volevano essere spiritualmente confortati per aver scelto la lealtà del cittadino normale. Ma Colombo non si è liberato dalla pignoleria di magistrato: è un intellettuale che usa le parole solo dopo averne collaudato l’autenticità. La sua storia è una specie di storia dell’ Italia nera: dal delitto Sindona, misteri banca vaticana, scoperta della P2; dai miliardi che sfarfallavano sul metrò della Milano da bere a Mani Pulite. Ha inseguito Previti e i suoi miliardi nascosti nei passaggi svizzeri Mediaset. Fino al 1994, fino a quando Berlusconi non è diventato primo ministro, i politici avevano rispettato l’indipendenza della magistratura. Ma nel ‘94 per Colombo e gli scavatori di Milano cominciano i guai. Sei volte messo in croce dalle indagini. Poteva succedere che le conclusioni fossero paradossali. Il fastidio di una certa Roma politica voleva seppellire a tutti i costi quei matti di Mani Pulite anche se il rapporto degli ispettori liberava i magistrati da ogni sospetto. E la disperazione degli accusati che accusano diventava surreale: se gli ispettori non hanno trovato niente è perché Colombo li ha minacciati o intimiditi. Allora Colombo va a Roma. Pretende chiarimenti, tutti scappano, nessuno chiede scusa. La gente lo ascolta in un silenzio rassegnato. La constatazione dell’essere minoranza avvilisce mentre applaudono.
Tornano a casa confortati dal signore impegnato a resuscitare la cultura delle regole, ma con la conferma che non tutti hanno voglia di una società trasparente. La < modernità > dei prestigiatori assolve le trasgressioni e i magistrati indifferente al censo degli indagati cominciano ad arrendersi. Si spengono le luci del teatro si riaccende la Tv. Ruini commosso dopo il grazie di Benedetto XVI. Dai colori della folla i politici escono angelicati. Borghezio Lega dura non ha dubbi: il Papa day é la risposta alle forze occulte che tramano contro la libertà. Più in là aspetta l’intervista Fabrizio Cicchitto, spalla di Bondi in Forza Italia, vecchia tessera P2.
 

Moratoria per l'aborto

Amici, mi permetto di aprire questa nuova discussione su un argomento d'interesse nell'ultimo mese che credo possa e debba trovare spazio e divenire motivo di confronto sul nostro sito. Dopo l'approvazione da parte dell'ONU della moratoria contro la pena di morte nei primi giorni di dicembre, c'è stata una importante proposta del giornalista Giuliano Ferrara il quale ha invitato ora a creare una moratoria contro l'aborto. Di seguito riporto l'articolo dove il giornalista propone e motiva l'importanza di tale proposta:

 

Appello, ora la moratoria per l’aborto

Scritto da  Giuliano Ferrara Il 20/12/2007

C’è anche una pena di morte, legale, che riguarda centinaia di milioni di esseri umani. Le buone coscienze che si rallegrano per il voto dell’Onu ora riflettano sulla strage eugenica, razzista e sessista degli innocenti

Questo è un appello alle buone coscienze che gioiscono per la moratoria sulla pena di morte nel mondo, votata ieri all’Onu da 104 paesi. Rallegriamoci, e facciamo una moratoria per gli aborti. Infatti per ogni pena di morte comminata a un essere umano vivente ci sono mille, diecimila, centomila, milioni di aborti comminati a esseri umani viventi, concepiti nell’amore o nel piacere e poi destinati, in nome di una schizofrenica e grottesca ideologia della salute della Donna, che con la donna in carne e ossa e con la sua speranza di salute e di salvezza non ha niente a che vedere, alla mannaia dell’asportazione chirurgica o a quella del veleno farmacologico via pillola Ru486.
Questi esseri umani ai quali procuriamo la morte legale hanno ciascuno la propria struttura cromosomica, unica e irripetibile. Spesso, e in questo caso non li chiamiamo “concepiti” ma “feti”, hanno anche le fattezze e il volto, che sia o no a somiglianza di Dio lo lasciamo decidere alla coscienza individuale, di una persona. Qualche volta, è accaduto di recente a Firenze, queste persone vengono abortite vive, non ce la fanno nonostante ogni loro sforzo, soccombono dopo un regolare battesimo e vengono seppellite nel silenzio. La pena di morte per la cui virtuale moratoria ci si rallegra oggi è di due tipi: conseguente a un giusto processo o a sentenze di giustizia tribale, compresa la sharia. Sono due cose diverse, ovviamente. Ma la nostra buona coscienza ci induce a complimentarci con noi stessi perché non facciamo differenze, e condanniamo in linea di principio la soppressione legale di un essere umano senza guardare ai suoi motivi, che in qualche caso, in molti casi, sono l’aver inflitto la morte ad altri. Bene, anzi male. Il miliardo e più di aborti praticati da quando le legislazioni permettono la famosa interruzione volontaria della gravidanza riguarda persone legalmente innocenti, create e distrutte dal mero potere del desiderio, desiderio di aver figli e di amare e desiderio di non averli e di odiarsi fino al punto di amputarsi dell’amore. E’ lo scandalo supremo del nostro tempo, è una ferita catastrofica che lacera nel profondo le fibre e il possibile incanto della società moderna. E’ oltre tutto, in molte parti del mondo in cui l’aborto è selettivo per sesso, e diventa selettivo per profilo genetico, un capolavoro ideologico di razzismo in marcia con la forza dell’eugenetica. Rallegriamoci dunque, in alto i cuori, e dopo aver promosso la Piccola Moratoria promuoviamo la Grande Moratoria della strage degli innocenti. Si accettano irrisioni, perché le buone coscienze sanno usare l’arma del sarcasmo meglio delle cattive, ma anche adesioni a un appello che parla da solo, illuministicamente, con l’evidenza assoluta e veritativa dei fatti di esperienza e di ragione.

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