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Società e violenza

Per non dimenticare... Filippo Raciti e i fatti di Catania

Credo che la memoria non debba mai andare perduta... una memoria che cerchi di recuperare e rileggere gli eventi, anche i più tragici e i più assurdi, alla luce di una sapienza che va' sempre faticosamente cercata e coltivata con la forza della condivisione, della relazione e del dialogo con tutti... consapevoli che dove non ci può essere una risposta definitiva che chiuda definitivamente il cerchio ci può quantomeno essere lo spazio di una riconciliazione (o conciliazione) sempre più matura e consapevole nel corso del tempo.

Ecco perchè, a quasi 10 mesi di distanza, desidero riportare nel seguito le riflessioni proposte a caldo, di getto, da "una di noi" immediatamente dopo i terribili fatti di Catania ...

...per non dimenticare ...


Così abbiamo perso tutti

03 Febbraio 2007

Il funerale di Filippo Raciti
La categoria senza peccato
scagli la prima pietra


Un morto, cento feriti ufficiali e chissà quanti sono andati a farsi medicare a casa ... et voilà ... il giochino più amato dagli italiani si rompe! Stop di tutti i campionati fino a data da destinarsi.
Decisione presa a caldo, probabilmente doverosa, ma che - fatti quattro conti di quanto può costare anche solo in termini economici – facilmente verrà presto rettificata con una lunga serie di parole e intenzioni molto severe su ciò che si dovrà andare a fare per mettere fine a follìe come queste. 

Beh ... quello che mi viene da pensare è che in una situazione come questa abbiamo veramente perso tutti quanti !!

... quei bambini hanno perso il loro papà e quella moglie il marito e non potranno mai farsene una ragione ... si trattava solo di una maledetta partita di calcio ...

... lo stato impotente, perché non stiamo a raccontarcela, se vai allo stadio con una bomba carta non sei un tifoso, non sei un ultras, non sei un Mister Hyde qualunque che si trasforma in dottor Jekyll spinto dal branco, dal furore della massa. Sei una persona con una montagna di problemi dentro, a casa, a scuola (se ci vai!) o al lavoro (quando ce l’hai!). Problemi di norma dimenticati, disconosciuti, perché in certi quartieri non solo la stampa ma neppure la polizia ci vuole entrare, perché sa già come andrebbe a finire ... ma oggi invece è facile vestirsi per qualche giorno da perbenisti a buon mercato, nelle poltrone degli studi televisivi, e nasconderci che questa realtà esiste ma è così complessa che poi nessuno sa che pesci pigliare se non rifugiarsi nella retorica degli slogan ... e che il calcio c’entra poco, è solo la punta dell’iceberg, la scintilla ...

... la polizia, spedita in prima linea con in mano solo gli strumenti della repressione... e la prossima settimana come andranno allo stadio i colleghi di Filippo, pensando che tra i tifosi che hanno davanti ci sono i suoi potenziali assassini?!?

… le istituzioni del calcio, (quelle che oggi esprimono con gesti eclatanti pubblica indignazione!), che da quest’estate promettono pulizia, trasparenza, regole, ma che - oltre alle parole e a una sorta di giustizia sommaria - non hanno ancora saputo produrre una regolamentazione seria, che faccia prevalere i valori dello sport, sulle esigenze del mercato, delle televisioni, della speculazione e dello sfruttamento.

... i dirigenti e gli allenatori delle squadre, che non solo non sanno pretendere dai loro giocatori un atteggiamento corretto in campo, ma che spesso si permettono, protetti dall’impunità mediatica, di rilasciare ogni tipo di dichiarazioni ed illazioni, spesso al limite del lecito, accettate come gradite “regole del gioco” per alzare l’audience.

... i tanti giornalisti ai quali troppo spesso non basta la cronaca e il commento della partita, ma si sentono in dovere di cercare tra le pieghe degli avvenimenti e delle dichiarazioni quel qualcosa in più che, accendendo la miccia della polemica, scateni il nuovo “caso” del giorno.

... e tutti noi, la massa zittita dei tifosi appassionati, quelli che vivono ogni partita come una festa gioiosa animata da canti e colori, quelli che cinque minuti dopo il triplice fischio già stanno aspettando la partita successiva, quelli che passano tante serate a preparare striscioni, coreografie e trasferte, quelli che vivono una passione forte ... una questione tutta di cuore ... quelli orgogliosi di sentirsi ultras dentro e che oggi si sentono equiparati a dei delinquenti abituali senza esserlo e senza meritarlo.

Oggi abbiamo perso veramente tutti ...

... e non ci sarà legge che tenga, non ci sarà repressione che tenga, se ognuno non si prende personalmente le proprie responsabilità portandosele avanti in quella dura partita che è la vita di ogni giorno.

Violenza e distanze... l'omicidio di Gabriele Sandri

13 Novembre 2007 - Raccogliamo e pubblichiamo nel seguito una libera riflessione su quanto accaduto a margine del mondo sportivo nell'ultimo week-end.
Accaduto... anzi tragicamente accaduto... e poi usato un po' da tutti per rinforzare e sostenere le consuete tesi pre-confezionate. Ognuno a proprio uso e consumo.

Alleghiamo volentieri anche questa riflessione/provocazione proveniente dal cosiddetto "mondo ultras", senza pretese di verità, come spunto proveniente da persone che vivono le pieghe di queste situazioni più profondamente di molti opinionisti, giornalisti, politici. Non è importante essere d'accordo su tutto... importante è mantenersi aperti e disponibili a conoscere, a riflettere, a capire, a dialogare. Soprattutto di fronte alle situazioni di conflitto.

Per piacere, lasciate pure i vostri commenti...


No, non lo sapete. Non lo sapete perché ieri pomeriggio e ieri sera è successo quello che è successo. Ed è proprio questo il motivo per cui succede e continuerà a succedere. Per la distanza che da trent’anni ci separa. Una giusta distanza. Tutti scrivete, tutti sapevate, tutti avete opinioni e soluzioni. Ma nessuno capisce che in realtà è la distanza che determina questo stato delle cose. Una distanza sempre uguale, da sempre, da Furlan a Sandri, da Colombi a Raciti. Ma quale caccia al poliziotto..ma quale l’agente voleva fermare la rissa..ma quale complotto al derby sospeso. Non è colpa di nessuno se in questo paese l’abitudine all’impunità è diventata assuefazione. E chi non si assuefa, per volontà, per mancanza di strumenti o per il rifiuto di strumenti, che ad altro non servono che a sopportare, fa quello che fa. Reagisce. Agisce. Sbaglia. Fa bene. Fa male. Ma fa. Sappiamo tutti che quell’agente non pagherà. Ci hanno abituato a questo. Ci hanno abituato nei secoli. Ma anche recentemente. E non pagherà perché la tensione che si è inevitabilmente alzata verrà usata(di fatto già lo è) per pareggiare il danno. Ma il danno culturale, la frattura..la distanza non è così che si ripara. Così si afferma. Si sentenzia. Si scolpisce dentro le persone, nella loro vita quotidiana, nei pensieri, nei gesti e nello strato più profondo dell’animo. La distanza. Giusta perché ancora una volta nessuno ammette, nessuno si dimette, nessuno è e sarà vero nella verità delle cose. Nessuno ha sparato come conseguenza di uno scontro tra ultras. A uccidere Raciti non è stato il diciassettenne. Il bambino morto al derby è stato creduto possibile da 70.000 persone perché 70.000 persone erano testimoni dalle 18 di quel pomeriggio della violenza dei reparti della finanza attorno allo stadio olimpico. La distanza la mettono i pomeriggi domenicali con le loro discussioni sull’accaduto affidate a Moggi e Belpietro. Condannano l’odio. Loro, che di odio sono maestri nelle rispettive vite professionali. La giusta distanza la mettevano gli opinionisti Biscardiani che se le davano peggio che in qualsiasi autogrill dell’A1 e che oggi scrivono editoriali condannando ieri pomeriggio e ieri sera. Pareggia. Pareggia il danno. Sandri è morto come un qualsiasi pischello Napoletano che senza casco sul motorino a 14 anni viene sparato alle spalle perché non si ferma ad un controllo di polizia. Sandri è morto come un qualsiasi operaio pagato in nero che casca da un ponteggio di otto metri. E’ morto in un modo assurdo e ingiusto. E’ la paura che questa morte resti tale a mandarti fuori di testa. Perché è POSSIBILE che resti tale. Possibilissimo in questa società civile dove quattro cazzotti o venti minuti, o un’ora di tafferugli contemplano spari in faccia mentre migliaia di famiglie rovinate da un crack finanziario possono andare aff...   Loro. E non chi li ha ridotti così. Questo è quello in cui le giovani leve crescono e senza accorgersene incamerano. Questa è l’acqua che bevono. La carne che mangiano. I sogni che non sognano. Questo è quello in cui i più adulti cercano di galleggiare. E’ questo il nostro paese di cui si canta l’inno. In cui uno che si dopa in tv vince il pallone d’oro ed è chiamato a testimone dei valori dello sport.

La distanza ce la teniamo. A questo punto la pretendiamo. In lei ci riconosciamo, la difendiamo. Ci saranno sempre due verità nello stato delle cose. La nostra la sappiamo. La sapremo sempre e sempre la cavalcheremo. Senza sosta, senza tregua. Non curandoci delle "leggi del branco" con cui cercano di incasellarci in sondaggi e programmi tv o affibbiando stemmi di partito o appartenenze terroristiche. Che dicano, che scrivano, che reprimano. Biglie, sassi, punteruoli. Era un ragazzo buono e gentile. E se fosse stato cattivo? Faceva differenza? Doveva morire con tre, quattro botte invece che una? Una morte insegna sempre. Per questo il modo migliore di ricordare Gabriele è dicendogli grazie anche se non si conosceva. Grazie perché molti da ieri saranno persone migliori. Lontano adesso. Distanti. Giustamente distanti. E lui è qui dalla parte nostra.

E’ loro il disagio sociale. Soltanto loro regà.

asromaultras

 

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